Premiare il merito unico antidoto ai privilegi

Non si capisce perché la sinistra abbia un problema con la parola merito legata all'istruzione

Premiare il merito unico antidoto ai privilegi

Non si capisce perché la sinistra abbia un problema con la parola merito legata all'istruzione. Il merito dovrebbe essere perseguito in ogni settore. Premiare il merito è indice di una società ben oliata e funzionante. Riconoscere il merito è il primo passo della mobilità sociale, perché il merito prescinde dal censo. Dunque merito dovrebbe essere una bella parola per tutti, destra e sinistra. Invece no. Dice Enrico Letta, leader del Partito democratico: «La parola merito nella nostra Costituzione è all'articolo 34. I principi di uguaglianza all'articolo 2 e 3. Una scala di priorità». Questo, tutto sommato, è un commento moderato, rispetto a quelli battaglieri e polemici che ci è capitato di leggere sui giornali. È sconcertante. Per la sinistra, merito è il contrario di uguaglianza. Non è vero. Merito è il contrario di privilegio. Senza merito, la situazione resta quella che è: buone scuole, insegnanti privati e università prestigiose sono riservate a chi se le può permettere, magari non perché le merita, ma perché le paga. In Italia, a Pavia e altrove, ci sono i collegi universitari di merito: si versa una retta proporzionale al reddito della famiglia ma numerosi sono i posti gratuiti per i meno abbienti. L'ingresso, per concorso, e la permanenza sono questione di merito: mai fuori corso, media superiore al 27, nessuno voto sotto al 24. I figli degli operai (gratuiti) convivono con quelli degli avvocati (che invece pagano la retta). C'è un ascensore sociale migliore di questo? La laurea in alcune università esclusive ha un valore sul mercato. La laurea nella maggioranza degli atenei invece è solo un pezzo di carta. Beato chi si può permettere le prime e maledetto chi si deve accontentare dei pezzi di carta. Solo premiare il merito a tutti i livelli, dagli studenti ai docenti, porta miglioramenti. Un tempo, ogni istituto aveva in dotazione un tesoretto, esiguo, con il quale si premiavano gli insegnanti che volevano fare qualcosa in più: progetti educativi, manutenzione dei laboratori, apertura della biblioteca, cose di questo genere, a volte semplici ma utili, a volte di alto livello culturale. Chi si opponeva a premiare i meritevoli? I sindacati, che pretendevano soldi a pioggia, a prescindere dal merito e dall'impegno. E li ottenevano. Con il risultato di riempire le tasche dei fannulloni e svuotare la scuola di buone idee e buona volontà. A peggiorare le cose, per la sinistra, arrivano le prime parole di Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione e del Merito. Improntate al buon senso e più progressiste di quelle dei molti colleghi che lo hanno preceduto nel ruolo: «Il merito serve a garantire che la partenza sia la stessa mentre il traguardo finale dipende da te. Vogliamo garantire un'opportunità a tutti e far tornare la scuola ascensore sociale».

Vedremo se alle parole seguiranno i fatti ma intanto ci chiediamo: come è possibile che una sinistra moderna si faccia rifilare una lezione su un fattore di sicuro progresso come il merito e dia l'impressione di voler perpetuare il privilegio?

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