Il premier cacciato dal Sud e braccato in Parlamento

Renzi evita Matera ma viene accolto dalle proteste anche a Napoli. A Matteo sfugge la data delle Comunali: 5 giugno. Il Senato vota le mozioni di sfiducia il 19 aprile

Roberto Scafuri

Roma Comincia così la fase-due del governo Renzi, non come ce la si aspettava. Una fase dominata da ansie, paure, difese oltranziste, esibizioni di forza pubblica. E la solita, stupenda propaganda a pie' sospinto. Dalla sfogliatella, al calcio, agli idranti e lacrimogeni della Celere.

La paura è anche cattiva consigliera, e lo si capisce fin da quando il premier annuncia di svicolare da Matera, «per non creare problemi», ma poi va a cercarsi la passerella a Napoli, dove l'accolgono a pietrate. Alla fine sono dieci i poliziotti contusi, uno ferito. Il Sud bracca Matteo, lo inchioda sui fatti e sulle promesse mancate, fisicamente prova financo a inibirgli l'ingresso alla contestatissima «cabina di regia» in Prefettura. Lo insegue per le vie di una stupenda Napoli affollata di turisti in una stupenda giornata di sole sul lungomare, che si trasforma per ore, assieme a via Toledo, nel centro della Resistenza anti-renziana, nelle prime barricate che le migliaia di contestatori (alla partenza ci sono anche due assessori comunali) promettono per ognuno dei giorni di «commissariamento di Bagnoli». La ferita aperta della capitale del Sud, parte integrante della città, eppure sottratta da Renzi - con la sponda del governatore De Luca - alla sfera decisionale del sindaco de Magistris, così provocando una reazione (anche a parole) violenta e irragionevole.

«Renzi saldatore di interessi privati; ho comprato già il costumino per fare il bagno a luglio a Bagnoli», accusa e sfotte il sindaco, meritandosi i sospetti dell'intero Pd napoletano di aver «accarezzato la protesta». Ma il premier non demorde, va al carcere di Nisida e poi al Mattino nonostante i rivoltosi stiano tentando di accerchiarlo al Chiatamone, sede del quotidiano. E in ogni passaggio pare quasi voler provocare la rissa, accendere micce a polveriere non più latenti. «Non abbiamo paura, bonifichiamo terre e mare», dice. E poi: «Anni di chiacchiere, noi abbiamo cambiato il passo, noi abbiamo deciso, 36 mesi di bonifica per 272 milioni. Un abbraccio ai gufi». E ancora: «Se il sindaco avesse fatto quello che doveva non ci sarebbe stato il commissariamento» (neppure ponendosi il problema dell'affronto avvertito dall'intera città, che anzi irride: «Le mani sulla città? Ma de che? C'è chi urla e chi lavora». Elogia apertamente il salernitano De Luca («un errore non candidarlo»), si appella all'ex sindaco Bassolino («Un pezzo di storia della città») per rianimare il Pd morente. Incidentalmente annuncia che le amministrative saranno il 5 giugno, infine sfida: «Noi siamo più forti degli insulti e delle minacce, anzi ci sono affezionato, ci tornerò una volta al mese se questo è il messaggio». Ma il messaggio era anche un ironico: Via Renzi - non è una strada è un invito.

Invito che a Roma, in Senato, sono pronti a prendere sul serio: il 19 aprile si voteranno le mozioni di sfiducia e i grillini dichiarano che diranno di sì anche a quella di Lega e Forza Italia. Al punto da concretizzare il vaticinio di Gufo Grillo: «Renzie, vedi Napoli e poi cadi».

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