È il giorno dei no che aiutano crescere. Il primo, secco, è alla flat tax. «La riforma del fisco - spiega Mario Draghi - sarà comunque all'insegna della progressività. Dobbiamo recuperare l'evasione». Matteo Salvini se lo fa andar bene lo stesso: «Ha escluso un aumento delle imposte, alla Lega basta». No pure al reddito di cittadinanza, così com'è adesso. «Bisogna mantenere ma riordinare i sussidi sul lavoro». I Cinque Stelle se ne faranno una ragione. Il terzo no è all'assistenzialismo, ai soldi a pioggia distribuiti dal governo uscente, perché il professore vuole «creare occupazione con investimenti pubblici». Cantieri, investimenti sul verde e sulla formazione, grandi opere «modello Genova», altro che No Tav. Ma c'è un niet anche per il Pd, che vorrebbe mettere bocca sulla formula dell'esecutivo e sul programma, ma che si ritira in buon ordine dopo il colloquio. «La scelta spetta al presidente incaricato - dice Nicola Zingaretti - ci rimettiamo alle sue valutazioni e lo sosterremo comunque».
Draghi sorride, soddisfatto: i partiti non stanno toccando palla. Eppure al quarto giorno di consultazioni c'è ancora chi vuole «perimetrare» la maggioranza, chi chiede ministeri e chi gli propone le sue ricette per salvare il Paese. Lui non si scompone, ascolta, ogni tanto scherza. Con Silvio Berlusconi improvvisa una gag. «Ciao, come stai? Grazie di essere venuto». E si danno di gomito come vecchi amici. Cordialità più contenute anche con gli altri, ma nel merito nessuna concessione. Ad esempio, «l'accelerazione forte» che vuole imprimere alla campagna vaccinale suona come una bocciatura totale di Speranza e Arcuri. Siamo in ritardo, fa capire, serve subito una svolta. Un piano choc. Mancano le fiale? Le case farmaceutiche non rispettano gli impegni? Bene. «A breve», annuncia, dovrebbero arrivare «novità positive» dall'Unione Europea, cioè il via libera alla contrattazione diretta. Però non basta, «occorre lavorare sulla logistica per una loro somministrazione più rapida». Servono «più personale» e più centri logistici, cominciando a distribuire le dosi pure nelle scuole, vaccinando insegnanti e bidelli, facendo test rapidi a tappeto agli studenti. Insomma, muoviamoci.
La lotta al Covid per Draghi è strettamente legata al rilancio dell'economia, perché solo in condizioni di sicurezza riprenderemo a consumare e a spendere. Però qualcosa si può iniziare a programmare adesso, come un sistema di ristori, più efficace dell'attuale, per aiutare le piccole imprese a resistere e le banche a reggere l'urto continuando a sostenere le aziende. Nessun euro per le industrie decotte, solo investimenti produttivi e capaci di creare posti di lavoro, Ma la carta più forte verrà giocata con il Recovery Plan. Il presidente incaricato pensa a «far ripartire i cantieri già finanziati», scrostando i freni della burocrazia, e a interventi mirati a favore del turismo, moda, made in Italy. E alle grandi opere, che andranno giudicate «per l'impatto ambientale e le ricadute sull'occupazione».
Per i «dettagli» del programma, appuntamento alle Camere. La prossima settimana, quando saranno chiamate al voto di fiducia, le forze politiche si troveranno un pacchetto già confezionato, prendere o lasciare. Scansate le mine flat tax e reddito di cittadinanza, non si prevedono grossi problemi. I Cinque Stelle infatti si accontentano del fatto che il Mes sia sparito dal tavolo della trattativa. È l'effetto Draghi: è bastato il suo incarico per far scendere lo spread sotto quota cento e a rendere non più così conveniente prendere soldi in prestito attraverso quello strumento finanziario. «Siamo molto soddisfatti», dichiara alla fine dell'incontro Vito Crimi. «Nel Recovery c'è quello che serve all'Italia». E poi, aggiunge, «il presidente ci ha rassicurato sull'ambiente, sta studiando la soluzione francese di un super dicastero verde». Ora «contiamo sull'intelligenza collettiva» della piattaforma Rousseau.
Chissà se gli iscritti al movimento la penseranno così.
Nel frattempo oggi l'ex presidente della Bce concluderà il secondo giro di consultazioni con le parti sociali, l'Anci e la conferenza Stato-Regioni. E dopo, entro il weekend, la squadra di governo sulla quale, come ha detto a tutti, al termine del raccordo con il Colle previsto dalla Costituzione deciderà da solo.
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