Il premier Netanyahu non si piega: "No al cessate il fuoco"

Strade bloccate in Israele e aiuti umanitari diretti a Gaza fermati dai manifestanti israeliani al valico di Kerem Shalom, nel sud

Il premier Netanyahu non si piega: "No al cessate il fuoco"
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Strade bloccate in Israele e aiuti umanitari diretti a Gaza fermati dai manifestanti israeliani al valico di Kerem Shalom, nel sud. Si intensifica il pressing sul governo Netanyahu perché trovi un accordo sulla liberazione dei 100 ostaggi in mano a Hamas. La piazza ribolle e preme per un'intesa immediata. I manifestanti hanno interrotto il traffico in decine di strade e bloccato anche la Ayalon Highway, una delle principali arterie di Tel Aviv, con proteste che ricordano la dura battaglia contro la riforma della Giustizia. Ieri l'esercito ha anche mostrato in un video rifugiati palestinesi a Rafah, che chiedono anche loro la liberazione degli ostaggi per poter tornare nelle proprie case a nord.

Eppure le trattative sono in stallo dopo che Hamas ha rifiutato la proposta israeliana di una pausa fino a due mesi in cambio del ritorno degli ostaggi. «Non vi è nessun progresso nei colloqui. Hamas indurisce costantemente le sue posizioni. Ci vorrà molto tempo», ha dichiarato una fonte israeliana. I terroristi pretendono la fine delle ostilità, mentre Israele intende solamente sospendere la guerra, non interromperla. Il governo è inflessibile: «Non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza». Netanyahu ha ribadito che l'Esercito continuerà a combattere fino a una vittoria «completa e assoluta»: «È una guerra per la nostra casa. Deve concludersi con lo sradicamento dei nuovi nazisti». D'altra parte, l'estrema destra di Ben Gvir e Bezalel Smotrich è contraria al cessate il fuoco per i rapiti e il ministro di Potere Ebraico, Amichai Eliyahu, ha rilanciato addirittura ieri la sua idea choc: «sganciare una bomba atomica» su Gaza per finire Hamas.

Contro Netanyahu si alza anche la voce del Qatar, definito «mediatore problematico» in questa crisi dal premier israeliano. «Sconcertata», Doha ha attaccato il primo ministro «che ostacola la mediazione per la sua carriera politica invece di dare priorità alle vite innocenti».

Il clima è tesissimo. E la situazione a Gaza drammatica, mentre l'Idf martella il Sud, in attesa che domani la Corte dell'Aia si pronunci sull'accusa di genocidio che potrebbe imporre un cessate il fuoco immediato. Sotto i raid su Khan Yunis ci sarebbero decine di vittime in un rifugio Onu che ospita migliaia di sfollati.

L'intera regione è sull'orlo di un conflitto. Mentre ieri è iniziata la missione in Medioriente del ministro degli Esteri Antonio Tajani, due navi cargo statunitensi sono state prese di mira al largo dello Yemen dai ribelli filo-iraniani Houthi, che hanno lanciato 3 missili, uno caduto in mare e gli altri due intercettati, senza fare danni e vittime. Ma tutta l'area è a rischio.

In Irak, un drone armato ha preso di mira una base che ospita le forze armate americane vicino all'aeroporto di Erbil. Ieri il presidente iraniano Raisi, «padrino» dei gruppi terroristici in azione nella regione, è volato dal presidente turco Erdogan ad Ankara, dove ha definito gli Stati Uniti «i veri assassini di Gaza».

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