La presidente è già una "star" a sinistra. Ma il ricorso diventa uno sgarbo al Quirinale

Con le ultime mosse Cassano, da figura neutra, è in campo. Ora però mette in imbarazzo il Colle e i giudici costituzionali

La presidente è già una "star" a sinistra. Ma il ricorso diventa uno sgarbo al Quirinale
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Dietro il braccio di ferro quasi inedito tra Palazzo Chigi e la prima presidente di Corte di Cassazione Margherita Cassano c'è il solito disegno della magistratura di condizionare l'attività legislativa del Parlamento, ma il rischio stavolta è di tirare per la giacchetta il capo dello Stato. Non bastava il terreno scivoloso dell'immigrazione, con una giurisprudenza creativa in materia di rimpatri e Paesi sicuri che potrebbe essere spazzata via dalla nuova normativa Ue, né la clamorosa decisione di risarcire il clandestino non fatto sbarcare dalla nave Diciotti che ha fatto infuriare il premier Giorgia Meloni. Stavolta la previsione catastrofista delle toghe riguarda il delicatissimo fronte della lotta alla corruzione, con la sesta sezione penale che invoca il soccorso della Corte costituzionale contro l'abolizione dell'odioso reato («fantasma» più che «spia») previsto dall'articolo 232 del codice penale, vale a dire l'odiato abuso d'ufficio. Una cancellazione che, secondo la sentenza numero 9442 depositata lo scorso sette marzo, potrebbe essere incostituzionale perché calpesterebbe l'efficacia della cosiddetta Convenzione di Merida firmata dal nostro Paese nel 2009.

Per la serie, questo governo è debole con i corrotti e forte con i poveri migranti. Un programma politico che da oggi sottoscrive anche la Cassazione. Il problema è che l'abrogazione dell'abuso d'ufficio è stata firmata anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a capo del Consiglio superiore della magistratura di cui la stessa Cassano è membro di diritto. Quindi, ipotizzare l'incostituzionalità della norma - come hanno peraltro fatto diversi giudici - significa accusare il Quirinale di non aver vigilato abbastanza sulla Carta. Un cortocircuito, in cui il capo dello Stato da garante dell'organo di autogoverno viene accusato da un organismo rappresentato al Csm da un membro di diritto.

Nei giorni scorsi la sua precisazione aveva fatto scalpore. Dopo le critiche alla sentenza sui risarcimenti dei migranti da parte di alcuni autorevoli membri dell'esecutivo, la Cassano con una lettera diventata virale sui social aveva definito «inaccettabili gli insulti che mettono in dubbio lo stato di diritto», aveva accusato il centrodestra di «mettere in dubbio l'imparzialità della magistratura, minando alle radici della nostra democrazia» e aveva avvertito che le toghe sono pronte a «bilanciare la volontà del popolo da altri e altrettanto importanti contrappesi».

Insomma, una vera e propria dichiarazione di guerra da parte di un altissimo magistrato la cui storia dentro la corrente moderata di Magistratura indipendente - fu lei a firmare l'espulsione di Luca Palamara dalla magistratura e la condanna di Marcello Dell'Utri - fa a pugni con questa nuova veste da barricadera, nuova eroina degli anti Meloni.

«La Cassazione ha commesso un grave errore che rischia di mettere in imbarazzo la Consulta, più volte accusata di aver esondato in senso politico», dice al Giornale una fonte vicina al Palazzaccio. L'abuso d'ufficio è un reato modificato quattro volte, mal tipizzato, lontano mille miglia dalla principio di tassatività previsto dal codice.

Cosa farà la Consulta? Se desse ragione alla Cassazione il cortocircuito sarebbe immediato perché la norma penale non può essere retroattiva, né può la Corte sostituirsi al legislatore, come confermano diverse sentenze in cui ci si rimette al giudizio del Parlamento, a meno che la Consulta non partorisca una sentenza «monito» - tipo quelle sul fine vita - con una moral suasion al legislatore che inguaierebbe il Quirinale. È questo quello che vogliono le toghe?

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