Egitto del presidente Abdel Fattah al-Sisi, a dodici anni dalle mobilitazioni delle cosiddette «Primavere arabe» e a dieci dal golpe militare del 3 luglio 2013, è un Paese polarizzato che fa i conti con una crisi economica di lungo periodo e accuse sistematiche di violazioni dei diritti umani. In seguito al referendum costituzionale del 2019, al-Sisi potrà rimanere saldamente al potere almeno fino al 2030.
Dopo il vertice sul clima Cop27 che si è svolto nel novembre 2022 a Sharm el-Sheikh, il Paese continua a fare i conti con il controllo sull'economia esercitato dall'élite militare e uno spazio assente per i partiti laici e islamisti della Fratellanza musulmana, i cui leader e sostenitori rischiano pene di morte, prolungate detenzioni o hanno lasciato il Paese. Secondo il report sull'Egitto pubblicato nelle scorse settimane dall'International Crisis Group, l'economia egiziana ha sì retto durante la pandemia di Covid-19, ma ha patito duramente il colpo della guerra tra Russia e Ucraina, scoppiata nel febbraio 2022, non solo per lo stop temporaneo alle forniture di grano dai due Paesi, essenziale per la produzione di pane a prezzi calmierati. Il tasso di cambio della lira egiziana è infatti crollato portandosi da 50 a 30 con il dollaro a gennaio 2023. La svalutazione ha causato l'aumento dell'inflazione che è passata dal 25,8% di gennaio al 31,9% di febbraio di quest'anno.
I prezzi del cibo sono saliti così del 61,8%, soprattutto quelli della carne e della pasta. Questo ha avuto un impatto diretto sulla dieta degli egiziani, soprattutto per quanto riguarda le classi medio basse. E così il Fondo monetario internazionale (FMI) non ha concesso il prestito richiesto dal Cairo nel 2022 per ulteriori 12 miliardi di dollari, dopo i crediti approvati negli anni scorsi. Nel dicembre dello scorso anno, in mancanza di riforme strutturali e in assenza di una politica monetaria di svalutazione della lira egiziana, sono arrivati solo 3 dei 12 miliardi richiesti.
L'Egitto importa circa l'85% del suo grano da Russia e Ucraina. Il Paese era tra i 45 importatori africani di grano russo e ucraino che, secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, avrebbero potuto essere colpiti da una grave carestia come conseguenza del conflitto in corso. Secondo la stampa egiziana, nei primi mesi dopo lo scoppio della guerra, il pane venduto a prezzi non sussidiati ha visto crescere del 50% i prezzi al consumatore, mettendo a dura prova i portafogli della classe media. Il presidente egiziano al-Sisi ha annunciato così incentivi aggiuntivi per il settore agricolo. Gli agricoltori avrebbero dovuto consegnare una quantità minima al governo per partecipare al programma di sussidi governativi del pane e sono stati approvati ulteriori incentivi per la vendita allo stato di tutto il grano prodotto.
Grazie alla mediazione turca e del segretario generale delle Nazioni Unite, è stato raggiunto nel luglio 2022 un accordo per sbloccare l'export di cereali, fertilizzanti e derrate alimentari dall'Ucraina rimasti bloccati a causa del conflitto. L'accordo ha previsto tra l'altro il passaggio sicuro delle navi, grazie a un limitato cessate il fuoco temporaneo, e l'istituzione di un centro di controllo a Istanbul, composto da funzionari delle Nazioni Unite, turchi, russi e ucraini, per gestire e coordinare il passaggio del grano. L'Egitto, con il 10% del tonnellaggio ricevuto, è la terza destinazione di queste esportazioni, dopo Turchia (19%) e Spagna (13%). Tuttavia, le autorità russe hanno più volte minacciato un possibile ritiro dall'accordo sottolineando difficoltà nella vendita dei prodotti russi.
Il presidente russo, Vladimir Putin, è stato tra i principali sostenitori di al-Sisi dopo il 2013. Le prime visite reciproche si sono svolte a poche settimane dall'arresto dell'ex presidente Mohammed Morsi, contribuendo in maniera determinante al rafforzamento della leadership di al-Sisi, ancora fragile fino alle elezioni presidenziali del 2014. La cooperazione economica tra Russia e Egitto non si ferma qui. Mosca e il Cairo hanno infatti siglato di recente accordi in tema di energia nucleare. Rosatom, la società statale russa per l'energia atomica, ha iniziato nel 2022 la costruzione della prima centrale nucleare egiziana. La compagnia russa Atomstroyexport (ASE), attraverso la coreana Korea Hydro & Nuclear Power, ha siglato un accordo di 2,25 miliardi di dollari per fornire materiale per la costruzione di quattro impianti nucleari a El-Dabaa in Egitto.
Dal canto loro, gli Usa forniscono al Cairo aiuti militari pari a 1,3 miliardi di dollari all'anno. Nonostante le intenzioni iniziali manifestate dall'ex presidente, Barack Obama, di rivedere gli aiuti militari all'Egitto, nulla è cambiato. Durante l'amministrazione di Donald Trump, al-Sisi è stato definito dal tycoon come il suo «dittatore preferito», mentre con l'avvento di Joe Biden alla Casa Bianca una parte irrisoria (130 milioni) di questi aiuti è stata congelata per il deterioramento del rispetto dei diritti umani nel Paese.
Inoltre, dopo anni di tensioni, Egitto e Turchia stanno riprendendo le loro relazioni diplomatiche, necessarie soprattutto a gestire le influenze reciproche in Libia, dopo la stretta di mano tra al-Sisi e l'omologo turco, Recep Tayyip Erdoan, durante i campionati mondiali di calcio di Doha del 2022. Questo consentirebbe la soluzione di varie controversie in merito all'estrazione di gas nel Mediterraneo orientale in seguito a significative recenti scoperte che potrebbero favorire la realizzazione del gasdotto EastMed nell'area.
Infine, il presidente egiziano ha puntato molto per disegnare la sua immagine di modernizzatore sulla costruzione di una Nuova Capitale Amministrativa (Nca). Secondo i documenti ufficiali, i progetti per la realizzazione di una nuova città satellite del Cairo favorirebbero una riduzione del traffico congestionato, rendendo necessarie reti viarie per mettere in interconnessione la Nuova Capitale Amministrativa con le altre città satellite.
Tuttavia, i lavori in corso stanno provocando danni al tessuto urbano del centro storico del Cairo nell'area cimiteriale della Città dei Morti, come sottolineato da numerosi urbanisti locali. Non solo, se i lavori della «Singapore egiziana» sono iniziati nel 2015, la prima fase di costruzione, che doveva chiudersi nel 2022, è lontana dall'essere completata, nonostante l'esorbitante costo, inizialmente annunciato, pari a 45 miliardi di dollari.
L'Egitto sta attraversando grandi cambiamenti.
Sebbene le attese di giovani e attivisti che hanno partecipato alle proteste di piazza Tahrir nel 2011 sembrino fin qui disattese, con l'estensione dei poteri dell'esercito e del presidente Abdel Fattah al-Sisi, l'economia egiziana dovrà affrontare importanti riforme strutturali per avvantaggiarsi di un ruolo geopolitico centrale per gli equilibri regionali.per gentile concessione di «Comprendere», pubblicazione geopolitica di Comin & Partners
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