Le prime scuse di Netanyahu. “Il massacro del 7 ottobre? Forse avrei potuto impedirlo”

Il premier israeliano a "Time": "Prima dobbiamo vincere. Poi analizzeremo che cosa non è andato quel giorno"

Le prime scuse di Netanyahu. “Il massacro del 7 ottobre? Forse avrei potuto impedirlo”
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Dopo quasi un anno il premier israeliano Benjamin Netanyahu chiede per la prima volta perdono per non esser riuscito a evitare l'attacco del 7 ottobre scorso da parte di Hamas in cui morirono 1.200 israeliani. E lo fa in un'intervista al periodico statunitense Time: «Chiedere scusa? Certo, naturalmente. Mi dispiace profondamente che sia successa una cosa del genere. Ti guardi sempre indietro e ti chiedi se avremmo potuto fare qualcosa che lo avrebbe impedito».

Il settimanale ricorda che nei primi dieci mesi della guerra a Gaza Netanyahu ha sempre rifiutato di scusarsi. Il colloquio avviene con il corrispondente Eric Cortellessa il 4 agosto nell'ufficio del premier a Gerusalemme e subito arrivano gli altri affondi del giornalista. A Netanyahu, è stato chiesto se fosse all'opposizione, cosa direbbe di un leader che continua a rimanere al potere dopo il peggiore fallimento della sicurezza di Israele. «Dipende da cosa fa», risponde, «è in grado di guidare il Paese in guerra? Può condurlo alla vittoria? Garantire che la situazione del dopoguerra sarà di pace e sicurezza? Se la risposta è sì, dovrebbe rimanere al potere». Poi sottolinea: «Penso che esamineremo tutto questo in dettaglio. Cosa è successo esattamente? Come è successo? Ma penso che farlo ora sia un errore. Siamo nel mezzo di una guerra, una guerra su sette fronti. Penso che dobbiamo concentrarci su una cosa: vincere». E alla domanda perché Hamas non fosse stato eliminato prima, Netanyahu risponde: «No, non potevo... Non c'era un consenso. C'era, infatti, un consenso tra i militari. Ma non c'era nessun sostegno interno. Non c'era certamente quello internazionale e hai bisogno di entrambi per farlo, o almeno di uno dei due».

E il premier non tralascia neanche il quadro regionale: «Non stiamo affrontando solo Hamas. Siamo di fronte a un vero e proprio asse iraniano», fa notare. Per Netanyahu, le valigette piene di soldi che arrivavano dal Qatar a Gaza e che Israele lasciava passare, non sono state un errore: «Volevamo assicurarci che Gaza avesse un'amministrazione civile funzionante per evitare un collasso umanitario», chiarisce. E aggiunge anche: «Mi piacerebbe vedere un'amministrazione civile gestita dai palestinesi, magari con il sostegno di partner regionali e la smilitarizzazione da parte di Israele». È questo il futuro che immagina Netanyahu dopo che avrà distrutto le milizie di Hamas. Sulla Cisgiordania ribadisce: «I palestinesi dovrebbero avere il loro autogoverno. Ma non dovrebbero avere il potere di minacciarci».

Netanyahu parla anche del fronte interno e degli oppositori della controversa riforma giudiziaria, che si sono rifiutati di prestare servizio militare come forma di protesta «e così facendo hanno minato le capacità di deterrenza di Israele prima del massacro del 7 ottobre e potrebbero aver contribuito a precipitare gli eventi».

Il premier si sbilancia poi sul proprio futuro: «Resterò in carica finché riterrò di poter contribuire a guidare Israele verso un futuro di sicurezza, sicurezza duratura e prosperità». Netanyahu non pare infine preoccuparsi dei rapporti con l'opinione internazionale: «Preferisco avere una cattiva stampa che un buon necrologio», ironizza.

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