Processo ai "Big Tech". E Trump ne approfitta. "Giustizia o ci penso io"

I quattro grandi di Facebook, Apple, Amazon e Google accusati di pratiche anti concorrenza

Processo ai "Big Tech". E Trump ne approfitta. "Giustizia o ci penso io"

È stato un appuntamento storico per il settore della tecnologia. Ieri i quattro Ceo delle multinazionali tech più potenti e ricche al mondo, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Sundar Pichai e Tim Cook, hanno testimoniato in videoconferenza al Campidoglio per rispondere alle accuse di pratiche anticompetitive. Secondo i legislatori i «Big Tech», ovvero Facebook, Amazon, Google e Apple, avrebbero accentrato troppo potere in questi anni, facendo piazza pulita della concorrenza e gestendo dati e informazioni in maniera poco trasparente. L'audizione, davanti al sottocomitato Antitrust della Camera, è stata calendarizzata dopo un'indagine durata oltre un anno. In questi ultimi 13 mesi i colossi hi-tech hanno consegnato al Parlamento 1,3 milioni di documenti. Lo scopo dell'indagine è quello di comprendere se le aziende hanno utilizzato pratiche commerciali anticoncorrenziali per reprimere i concorrenti più piccoli e mantenere un monopolio dei mercati. I «Big Tech», complessivamente, hanno un valore di mercato di quasi 5mila miliardi di dollari: mentre le economie mondiali cadevano in depressione causa Covid-19, loro hanno prosperato. Un aspetto che i quattro Ceo sono riusciti a giustificare, in una sorta di linea comune, ricordando ai rappresentanti dell'Antitrust che «siamo troppo grandi ed economicamente rodati per rischiare il fallimento. Il nostro successo non deriva dal potere monopolistico, ma dalla capacità di soddisfare le esigenze dei consumatori».

L'intervento più atteso (anche se in realtà tutti e quattro avevano anticipato il loro discorso sui social) è stato quello di Zuckerberg, anche perché, a differenza delle altre tre società «Big Tech», la questione Facebook riguarda anche una polemica politica feroce che si sta consumando negli Usa a pochi mesi dalle elezioni. Trump è convinto che i social network vogliano zittire e censurare le posizioni non allineate al politicamente corretto. «Crediamo nella democrazia, nella libertà d'espressione, nella concorrenza e nell'inclusione sui quali si fonda l'economia Usa - ha sottolineato Zuckerberg - non ci sono garanzie che questi valori vincano. La Cina ad esempio costruisce la sua versione di internet su valori diversi ed esporta questa visione in altri paesi». Da parte sua Bezos, chiamato a difendersi dall'accusa di aver abusato del ruolo di Amazon, sia in quanto rivenditore, sia come piattaforma che ospita venditori terzi, ha citato la sua stessa educazione, sostenendo che «mi ha trasmesso grinta e autosufficienza. Negli Stati Uniti, così come nel mondo, dobbiamo far fronte a una concorrenza a dir poco feroce». Pichai ha parlato dei numerosi contributi di Google «per aiutare a rendere i consumatori e le piccole imprese più efficienti e competitivi, in particolare durante la pandemia del coronavirus», mentre per Cook «Apple è un'azienda esclusivamente americana che non ha una quota di mercato dominante in nessun mercato in cui facciamo affari». Donald Trump non è rimasto indifferente all'audizione dei quattro super-manager, e ha rilanciato i temi della sua crociata contro i monopoli delle «Big Tech», accusando senza mezzi termini il Congresso di immobilismo.

«Se il Campidoglio non riesce a portare correttezza e onestà nel settore, cosa che avrebbe dovuto fare anni fa, lo farò io con i decreti. A Washington tutti parlano e nessuna azione per anni, e la gente ne è stanca», ha twittato il tycoon.

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