Procura contro Santanchè. Chiesto il fallimento di Ki

Istanza per avviare la liquidazione della società di alimenti bio di cui la ministra è stata azionista

Procura contro Santanchè. Chiesto il fallimento di Ki
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La Procura di Milano chiede al Tribunale civile di rigettare la proposta di concordato semplificato e di aprire la procedura di «liquidazione giudiziale», cioè di fallimento, di Ki Group srl, società del settore biologico che ha avuto nel board e tra gli azionisti il ministro del Turismo Daniela Santanchè e che è gestita dall'imprenditore Giovanni Canio Mazzaro, ex compagno di Santanchè.

I pm Maria Gravina e Luigi Luzi hanno dato parere negativo alla proposta dell'azienda, toccherà appunto alla Sezione fallimentare del Tribunale decidere. Per la Procura, il piano di salvataggio proposto nei mesi scorsi è «inattuabile» a causa della situazione finanziaria in cui versa il gruppo. I pm, coordinati dall'aggiunto Laura Pedio e dal procuratore Marcello Viola, hanno depositato ieri l'istanza di inammissibilità e, con «separato atto», quella di liquidazione giudiziale di tutto il gruppo, che comprende Ki Group srl, Ki Group Holding spa e Bioera spa. Il piano di concordato semplificato proposto da Ki Group, scrivono i pm, «tramite la promessa di impegno economico presentato da Bioera spa, società in evidente stato di insolvenza, non permette il raggiungimento dello scopo insito nella procedura (...), ovvero quello di garantire non soltanto una semplice dismissione del compendio aziendale, quanto il mantenimento dell'unità operativa in capo ad altri (una sorta di continuità aziendale indiretta) volta a valorizzare, nel breve periodo, i complessi aziendali per una più proficua loro cessione al fine di ottenere liquidità per soddisfare i creditori».

Il piano della indebitata Ki Group srl, presentato a maggio scorso, prevedeva infatti l'aiuto della controllante Bioera. Tuttavia, continua la Procura, «non si vede (...) come possa farsi carico del peso economico del piano proposto da Ki Group srl, ed adempiere alle obbligazioni assunte, per le quali non vi è, infatti, alcuna concreta garanzia ma solo un atto di fede». Dunque emergerebbe «la non fattibilità» del piano di concordato semplificato «con riguardo alle garanzie offerte per assicurare la liquidazione, in palese danno ed in frode ai creditori con conseguente pregiudizio, aggravato, inoltre, dalla mancata comunicazione agli organi della procedura di importanti informazioni» in merito sia alle «integrazioni richieste dal Tribunale» sia «alle reali condizioni attinenti lo stato di salute economico-finanziario della società Bioera spa».

«In qualità di legale dei dipendenti - spiega l'avvocato Davide Carbone, che assiste alcuni lavoratori di Ki Group cui non è stato pagato il Tfr - posso affermare che gli stessi si sentivano in parte rassicurati dalle parole del ministro in aula, la quale affermava con forza che i debiti verso di loro sarebbero stati pagati». Lette le «osservazioni della Procura», aggiunge l'avvocato, «e la documentazione alla stessa allegata, non v'è chi non veda come ora si prospetta la strada dal fallimento già richiesto da noi a maggio». Conclude Carbone: «Purtroppo i fondi pubblici tuteleranno solo parte dei lavoratori, non gli agenti. Ci si domanda cosa abbia fatto il ministro in questi mesi dopo le promesse fatte in Senato con i dipendenti stessi tra il pubblico».

Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, che già conduce le indagini sul gruppo Visibilia, ha tra l'altro redatto un'informativa sullo stato del gruppo Ki Group-Bioera, analizzandone i bilanci. Emerge dagli accertamenti che Bioera ha debiti per quasi 900mila euro.

Gli investigatori segnalano che Bioera ha sì preso l'impegno di «versare complessivamente» più di 1,5 milioni di euro, ma questo impegno «non appare sostenibile». E quindi, appunto, il concordato è di «dubbia realizzazione».

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