Chissà se Vladimir Putin crede davvero alle cose incredibili che dice quando parla ai suoi arcinemici occidentali (cioè a noi). Ormai da tempo infilato nel tunnel senza uscita che ha imboccato undici mesi fa ordinando la folle invasione dell'Ucraina, è costretto ad alzare il volume della propaganda a livelli altrettanto folli, nella speranza che lo smacco non si noti. Ma un conto è la propaganda a uso interno in Russia, agevolata da disinformazione e censura tipiche di una dittatura (è di ieri l'ordine di far tacere per sempre il Gruppo Mosca-Helsinki, che si occupa di diritti umani): lì si gioca facile. Altro conto è cercare di ingannare noi, che gli strumenti per giudicare li abbiamo intatti.
Ieri - il giorno dopo l'annuncio, assai temuto al Cremlino nonostante le rassicurazioni contrarie, dell'impegno tedesco e americano a fornire a Kiev carri armati di ultima generazione - Putin aveva a disposizione la platea ideale per un discorso di quelli che piacciono a lui: gli studenti dell'Università statale di Mosca. Niente domande scomode né oppositori in cerca di grane, solo plauditores ben istruiti. E lì ha colto l'occasione per rivolgersi anche a noi, con falsificazioni spettacolari che ricalcano, a ben vedere, i soliti quattro filoni di una stanca propaganda. Primo punto: cari europei, dovete riprendervi la vostra sovranità, prima che gli Stati Uniti che sono forza illegale di occupazione in Germania vi trascinino in una guerra terribile. Secondo: l'obiettivo primario e irrinunciabile dell'operazione speciale (leggi: guerra all'Ucraina) è la protezione della nostra gente e della Russia stessa dalle minacce alle nostre terre storiche ai confini del nostro territorio. Terzo: la consegna dei Leopard e degli Abrams porterà solo altre sofferenze agli ucraini e più tensione in Europa, senza impedirci di conseguire i nostri obiettivi. Quarto e ultimo: l'Occidente vuol cancellare la cultura russa.
Putin e i suoi uomini (ieri l'ambasciatore russo a Washington ha definito «governo fantoccio» quello democraticamente eletto a Kiev, che loro volevano abbattere) non colgono l'essenza vera della sovranità, che consiste nella libera scelta dei cittadini di uno Stato su chi li governa. Secondo loro, noi europei saremo sovrani solo quando sceglieremo di allearci con Mosca, cioè di subire la sovranità limitata che essa imponeva ai suoi «alleati» europei ai tempi dell'Urss che Putin rimpiange. Per spingerci sulla retta via, cercano da mesi di terrorizzare la nostra opinione pubblica sull'imminenza di una guerra terribile «voluta dagli americani» contro il nostro interesse: ma anche se (notizia di ieri) i comandi militari russi enfatizzano il senso di esercitazioni virtuali con supermissili Zirkon nell'Atlantico, questa guerra non ci sarà perché, come sanno anche a Mosca, la perderebbero tutti.
Il secondo punto è falso nella premessa e vero nella conclusione. Obiettivo della guerra in Ucraina è una conquista coloniale ricalcata su quella hitleriana, che pure fu inizialmente giustificata con inesistenti minacce ai «tedeschi etnici» oltre confine. Putin chiama «nostre terre storiche» le province ucraine che ha occupato e frettolosamente annesso con referendum farsa e davvero non può permettersi di perderle, pena la perdita anche della faccia, che per un dittatore spesso equivale alla pelle: lì ormai si gioca tutto. Non è però vero (terzo punto) che i tank occidentali non fermeranno i suoi generali, mentre è verissimo che per gli ucraini la schiavitù sotto il suo tallone sarebbe sofferenza ben peggiore delle bombe e del gelo che sopportano in cambio della libertà.
Da ultimo, il ritornello ipocrita sulla censura alla cultura russa.
Il Putin che si lagna di Ciaikovsky e di Dostoevskij (che da noi solo qualche estremista mette nel mirino) è lo stesso che tappa la bocca a forza a chi mette in pratica la lezione di giganti come Solgenitsyn o Grossman, che volevano una Russia libera. Quella con cui un giorno potremo finalmente essere amici dopo che quella di oggi avrà concluso la sua tragica parabola insanguinata.
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