Putin e la subdola abilità di "abbindolare" i presidenti americani

Trump è solo l'ultimo a commettere l'errore di considerare lo Zar un amico

L'ex presidente Usa, Bill Clinton
L'ex presidente Usa, Bill Clinton
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«Vladimir Putin non intende conquistare tutta l'Europa. Non è una persona cattiva ed è molto intelligente». L'autore di questa fulminante sequenza di perle non è il barista sotto casa e neanche un blogger filorusso, tantomeno un troll della premiata fabbrica di San Pietroburgo dove si producono falsità studiate per condizionare le nostre opinioni pubbliche. Purtroppo, chi ha pronunciato questa frase è Steve Witkoff, incaricato dal presidente degli Stati Uniti di rappresentarlo nella gestione di crisi come quella ucraina. Diciamo purtroppo, perché nessuno dubita che Putin sia molto intelligente, ma questo nulla garantisce sul non essere una persona cattiva: si parla appropriatamente, in molti casi, di geni del male, e la storia russa recente, da Lenin a Stalin, è prodiga di simili esempi. Quanto al fatto in sé che Vladimir Putin non sia una persona cattiva, il sostenerlo richiede ignoranza pura o mala fede: stiamo parlando della persona che ha fatto assassinare eroi del nostro tempo come Anna Politkovskaja e Aleksei Navalny, o altri che avevano osato contrapporglisi politicamente come Boris Nemtsov e Boris Berezovsky, massacrare con il polonio radioattivo un uomo coraggioso come Alexander Litvinenko.

Della persona che ha cancellato la libertà di espressione nel suo Paese chiudendo d'autorità televisioni, giornali e radio liberi e incarcerando centinaia di oppositori (perfino minorenni) come e peggio che ai tempi dell'Urss. Che ha preso a pretesto contrasti etnici nel Donbass per invadere e devastare per tre anni un Paese, l'Ucraina, che voleva scegliersi da solo amici e alleati. E tacciamo di ricordare i sequestri di migliaia di minorenni ucraini e tantissimo altro. Donald Trump si sceglie i collaboratori tra gente che dice solo di sì e che va incontro, nel caso che cominci a dire qualche no come il predecessore di Witkoff, Keith Kellogg, a un rapido siluramento. Ascolta anche molto (troppo) volentieri, consiglieri come quel Curtis Yarvin che lo esorta a «far fare a Putin quel che vuole in Europa», con il non celato obiettivo di far instaurare nei Paesi europei dei bei regimi tradizionalisti da legare al nuovo carro bicefalo russo-americano: e questo vale per la beata convinzione che Putin non desideri dominarci, cosa che può benissimo avvenire per conto terzi. Intanto i Witkoff eseguono, senza fiatare, il loro compito di appeasement per conto di un presidente convinto di essere molto più furbo del vecchio incantatore di serpenti del Cremlino. Senza che si arrivasse agli eccessi odierni, Putin ha peraltro una lunga storia di abbindolamento di presidenti americani: archeologia del presente, avrebbe detto Sebastiano Vassalli.

La sua abilità nel cogliere i punti deboli degli interlocutori e offrir loro ciò che desiderano per sentirsi lusingati e disposti a credere di aver a che fare con una decentissima persona affonda le radici nel passato al Kgb. Ci cascò per primo Bill Clinton, che ancora nel 2013 lodava la sua «buona e schietta relazione» con Putin. George Bush junior si lasciò imbambolare dalla storiella della croce donata a Putin dalla madre, unico oggetto sopravvissuto all'incendio della loro casa e che il presidente russo portava sempre al collo, e disse di «aver guardato a fondo nella sua anima e aver visto un uomo affidabile e sincero».

Trump, che ha una storia di opachi rapporti con la Russia che risale al 1987, riconosce in Putin un narcisista della sua stessa pasta, ma il suo grave errore di credersi più abile di lui rischiamo di pagarlo noi europei, checché ne dica mister Witkoff.

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