Se non ci fosse Bibi, il Pd dovrebbe inventarselo. «Diciamo che Netanyahu ci ha dato una bella mano», è la battuta cinica che più di un esponente dem ripete a microfoni chiusi. L'assemblea dei gruppi Pd di ieri pomeriggio poteva trasformarsi in resa dei conti interna sulla linea di politica estera, assai ondivaga, e sulle divisioni sia su Ucraina e Israele. Ma gli eventi libanesi, e gli attacchi alle basi Unifil, che spingono anche il governo ad alzare la voce, finiscono per coprire tutto. E mettono la sordina alle polemiche: dalla spaccatura al Parlamento europeo sull'uso delle armi in Ucraina, all'assenza pesante di Elly Schlein alla commemorazione del 7 ottobre («La sinistra mostra spesso una lettura manichea della crisi in Medio Oriente», dice Piero Fassino, che in Sinagoga c'era) fino alla manifestazione «pacifista» del 26 ottobre, promossa da Cgil e Rete Pace e Disarmo, con parole d'ordine imbarazzanti. Dal «no» ad ogni aiuto all'Ucraina aggredita, che anzi viene invitata (lei) a «cessare il fuoco», alla condanna unilaterale di Israele, accusata di «genocidio». Persino chi dice che ci si deve andare, come Graziano Delrio, infila la supercazzola: «Bisogna esserci, ma su contenuti nostri», visto che sposare quelli dei promotori darebbe un duro colpo alla credibilità di un partito che aspira al governo.
Elly Schlein, che tira le somme della riunione, fa come al solito surf sul problema. In Sinagoga no, in piazza sì? Non è chiaro. I più pensano che sì, non se la sentirà mai di regalare la tribuna «pacifista» a Conte, Fratoianni e Landini. Tanto più dopo gli eventi libanesi. «Molti di noi saranno presenti, ma a titolo personale», dicono dal Nazareno. «Dobbiamo inventare vie creative per la pace», superacazzoleggia il vicepresidente del gruppo Pd Paolo Ciani, targato Sant'Egidio. Nella riunione, c'è subito chi alza i toni: «L'obiettivo di Israele è smantellare l'Onu, dopo aver attaccato ospedali e scuole a Gaza», si indigna Laura Boldrini. Insorge Fassino: «Ma le risoluzioni Onu andrebbero rispettate tutte, compresa quella che imponeva a Hezbollah di ritirarsi dal sud Libano e smettere di bombardare Israle. O no?». E poi: «Come si fa a prendere per buona la propaganda di Hamas sugli ospedali? Solo noi possiamo berci che non fossero anche postazioni militari». Walter Verini è fermo: «La critica a Netanyahu è sacrosanta, ma non abbiamo niente da spartire con certe piazze in cui risuonano slogan antisemiti. Dobbiamo metterci nella testa e nel cuore degli ebrei di Tel Aviv come di Roma: il 7 ottobre è un replay della Shoah». Filippo Sensi e Enzo Amendola invitano a non dimenticare che «anche in Sudan ci sono massacri spaventosi», e certo non c'entra Netanyahu. L'appello di Schlein, in vista di venerdì prossimo, quando Giorgia Meloni sarà in Parlamento per le comunicazioni sul Consiglio europeo e annesse risoluzioni, è: «Non facciamoci del male da soli», spaccandoci come al Parlamento europeo.
E la linea è quella del documento finale votato a Strasburgo, dice il responsabile esteri Provenzano. Con un «esplicito riferimento», ricorda l'ex ministro Guerini (foto), al sì alle armi e al loro uso in territorio russo.
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