Una missione estrema, a 470 milioni di chilometri dalla Terra. E l'esultanza della Nasa e di tutto il mondo scientifico: l'ammartaggio di Perseverance è andato a buon fine. Capolavoro di ingegneria spaziale e la promessa di una nuova era per l'esplorazione del cosmo. Lanciato sette mesi fa da Cape Canaveral, in Usa, Perseverance ha superato con successo i temutissimi sette minuti di «terrore», delicatissimo epilogo di un viaggio in cui sarebbe potuto succedere di tutto, mandando in fumo otto anni di lavoro (e più di due miliardi di dollari). E invece alle 21.43 (ora italiana) ha ridotto la sua velocità da 20mila chilometri all'ora a 320, grazie a un potente paracadute e otto razzi che hanno contrastato la forza di gravità. A venti metri dalla superficie l'esoscheletro di Perseverance ha calato il rover, alle 21.55 l'ok da Marte e alle 22.02 la prima emozionante fotografia: sassi che lasciano immaginare la furia dell'acqua di un antico delta fluviale. È l'ultima missione della Nasa battezzata 2020 Mission Perserverance Rover. Comprenderà in realtà più missioni, ma intanto questa, l'apripista, con un rover di oltre mille chili, perfetto per proseguire gli eccezionali lavori condotti dai precedenti robottini dell'Agenzia Spaziale Americana: Spirit, Opportunity e Curiosity. Attrezzato con due telecamere per fotografare e registrare il mondo marziano in tre dimensioni, dovrà setacciare il terriccio del cratere Jezero, 50mila metri quadri nel cuore di Isidis Planitia: pianura del Pianeta rosso presa di mira nel 2003 anche da Beagle 2, il lander dell'Esa andato perduto. Una specie di trivella scaverà fino a sei centimetri di profondità, raccogliendo campioni con un braccio meccanico. Missione che proseguirà con altri mezzi, nel tentativo di raggiungere un traguardo mai raggiunto: trasportare sulla Terra manciate di suolo marziano. Al momento l'unica traccia delle caratteristiche geologiche di Marte ci arriva da frammenti rocciosi giunti sulla Terra negli ultimi millenni, riconducibili alle shergottiti, meteoriti provenienti dal quarto corpo del sistema solare. Tracce rocciose che potrebbero indicare la vita. Al momento solo ipotizzabile. Di fatto esistono microrganismi detti «estremofili», potenzialmente capaci di vivere in condizioni estreme, dalle bocche dei vulcani alle profondità oceaniche. In passato potrebbero avere abitato anche Marte e oggi non è da escludere. Perseverance non è solo, la sua pancia è occupata da una specie di drone, un minuscolo elicottero, spedito fin laggiù per far spiccare il primo volo a un attrezzo terrestre. Ingenuity può raggiungere i cinque metri di altezza e svolazzare per trecento. Testando la resistenza dell'atmosfera marziana, assai rarefatta, composta per lo più da anidride carbonica (fino al 95%), tracce di azoto, argon, ossigeno e trafitta dai raggi ultravioletti che arrivano dal sole, rendendo difficile la vita. La missione dovrebbe durare un anno marziano, circa 687 giorni terrestri, il tempo che il corpo celeste impiega per compiere un regolare movimento intorno al Sole. Sarà coadiuvata da esplorazioni che non riguarderanno solo Marte, ma anche la Luna. È da qui che potrebbe decollare la prima missione umana per il Pianeta rosso. Il calendario della Nasa è alquanto stimolante: entro il 2024 è previsto il ritorno dell'uomo sul nostro satellite, l'ultimo a porvi piede fu Eugene Cernan il 14 dicembre 1972, a bordo dell'Apollo 17. Quattro anni ancora e sarà la volta della prima base stabile sulla Luna. Artemis è il programma in esame e intende fare allunare anche la prima donna. Coinvolta l'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e l'Italia che potrebbe contribuire alla realizzazione del modulo abitativo Orion, il veicolo spaziale che concretamente porterà gli astronauti a cavalcare di nuovo i crateri del satellite.
Nel frattempo aspettiamo di vedere i primi veri risultati di Perserverance. Lasciandoci cullare dalle famose parole pronunciate nel 1969 da Buzz Aldrin, il secondo uomo ad avere calpestato il suolo lunare: «Marte è sempre lì, in attesa di essere raggiunto».
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