«Non abbiamo più carburante». «Siamo a corto di acqua e viveri». «Il meteo sta cambiando, rischiamo il naufragio». «Abbiamo donne e bambini in pericolo immediato di vita». La litania di lamentele e piagnistei sfoderata via radio da ogni nave delle Ong con a bordo un carico di migranti da scaricare sulle nostre coste è ormai una sorta di noiosa liturgia della menzogna. I primi a sapere di mentire sono i responsabili delle organizzazioni di soccorso e il personale di bordo incaricato di diffondere quelle bugie. Soprattutto quando il soccorso viene effettuato con navi come la Geo Barents, un imbarcazione di 77 metri progettata proprio per il soccorso in mare e capace di resistere alle condizioni meteo più estreme. Non a caso la Geo Barents viene spesso usata per diverse e ripetute operazioni di soccorso capaci di prolungarsi per più settimane senza che da bordo parta alcuna richiesta di aiuto. Un silenzio destinato a durare fino a quando non arriva il momento di farsi affidare dalle autorità italiane un porto di sbarco vicino. Una condizione irrinunciabile non per salvare le vite dei naufragi, ma piuttosto per risparmiare sui costi di carburante e su quelli di noleggio.
Ma è chiaro che le litanie delle Ong avrebbero ben poco effetto se non potessero contare sulla cassa di risonanza di tanti media amici. O meglio sulle voci, sulla penne e sulle telecamere dei tanti colleghi solidali con l'ideologia secondo cui non vi devono esser limiti all'accoglienza ed ogni migrante deve essere libero di sbarcare sul nostro territorio. Litanie e tesi che fanno spesso a pugni con la realtà visto che dalle navi delle Ong, reduci da poco perigliose traversate, vediamo sbarcare giovani muscolosi, donne in sovrappeso o addirittura signore con cani al guinzaglio. Tutto ciò dovrebbe spingere i più assidui sostenitori delle buone ragioni di migranti e Ong operanti nel Mediterraneo a valutare le evidenti diversità tra chi fugge da vere guerre e autentici inferni sulla terra e quelle di chi viene ripescato dalle flotte delle Ong operanti davanti a Libia e Tunisia.
Consideriamo ad esempio gli sfollati in arrivo dall'Ucraina. Tra loro troviamo in gran parte donne, bambini e uomini di 60 anni e passa. Dove si combattono guerre vere gli uomini tra i 18 e i 65 anni sono infatti impegnati al fronte. Invece le navi delle Ong sono affollate di aitanti giovani che molto spesso hanno esattamente l'età in cui in guerra si diventa combattenti. Un bel mistero mai chiarito da chi sostiene di salvare le vite di disgraziati in fuga da guerre e disgrazie.
Quanto a disgrazie basterebbe, valutare le condizioni degli afghani in arrivo a Trieste dopo quell'odissea chiamata rotta balcanica. Un'odissea che parte da Iran o Pakistan per poi scendere in Turchia e superare i confini sud orientali dell'Europa. Una rotta infernale il cui attraversamento deve sfidare i manganelli delle polizie di Bosnia, Serbia Croazia e Slovenia. Una rotta al termine della quale i giovani afghani in fuga dalla persecuzione talebana arrivano stremati, ricoperti di cicatrici e con i piedi piagati.
Insomma tra chi fugge da guerre e persecuzioni vere e buona parte dei migranti traghettati da Libia e Tunisia c'è una differenza sostanziale.
Una differenza annacquata e fatta scordare grazie alla raffica di bugie con cui le Ong coprono il proprio operato. Bugie insostenibili, ma indispensabili per garantirsi i versamenti di chi le finanzia accettando la loro narrazione ideologica e chiudendo gli occhi su fatti e sulla realtà.
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