Ci sono «vittorie» che fanno pensare immediatamente a Pirro. È questo il caso del successo riportato da Matteo Renzi al termine di un braccio di ferro con Bruxelles durato settimane e conclusosi con la concessione di una «flessibilità» in tema di bilancio che, nei fatti, è una vera e propria licenza a sottoscrivere altri debiti. Se si considera che nei giorni scorsi l'Italia ha raggiunto il proprio record storico in tema di indebitamento, è chiaro come questi altri 14 miliardi da spendere non promettano nulla di buono.
Si è arrivati a questo esito perché l'Italia è senza bussola e non riesce a ridurre le uscite e abbassare la pressione fiscale, ma anche perché larga parte d'Europa è egualmente priva di una leadership adeguata. Nel Vecchio Continente domina l'illusione che per crescere sia opportuno aumentare la spesa pubblica, così che nei discorsi pubblici si continua a opporre sviluppo e rigore. E se Mario Draghi sta conducendo politiche monetarie espansive con il consenso di larga parte del ceto politico e dell'accademia, per quale motivo Renzi non dovrebbe a sua volta raccontarci che può farci ripartire con nuovi investimenti di Stato?
L'Europa tutta è prigioniera di una visione socialista dell'economia e perfino molti tra i critici del governo attuale vorrebbero più debito, più spesa, più redistribuzione.
Per giunta, Renzi è riuscito a ottenere questa vittoria politica grazie a un'Angela Merkel quanto mai ondivaga, che non a caso continua a perdere voti sulla sua destra, dove sta consolidandosi quell'AfD (Alternative für Deutschland) che s'oppone all'immigrazione selvaggia e non è per nulla disposta ad accettare un futuro nel quale i tedeschi debbano pagare i debiti dei partner europei più spendaccioni. Difficile dare torto a questa opposizione conservatrice sempre più irritata da un governo tedesco di centrosinistra che, cedendo alle richieste di Roma, non ha certo fatto un favore alla nostra economia produttiva.
Oltre a far aumentare ulteriormente il debito (che è il vero problema da affrontare e che Renzi bellamente ignora), questo cedimento sui conti rappresenta un alibi per ritardare riforme strutturali invece quanto mai necessarie. Bisogna mettere mano a ogni voce di spesa, non già spendere di più. Bisogna tagliare gli «investimenti» statali, e non immaginarne di nuovi. Bisogna prestare attenzione alle aziende che chiudono e agli imprenditori che si suicidano, e non già illudersi che una nuova prosperità possa venire dalla Cassa depositi e prestiti e da ulteriori forme di programmazione.
In tutti questi anni l'Italia ha divorato il futuro delle giovani generazioni vivendo nell'immediato: scassando i conti della previdenza, elargendo favori e aiuti di ogni tipo, comprando il consenso di intere aree del Paese sempre più impoverite e dipendenti dalle decisioni del ceto politico. Su tutto questo bisognerebbe incidere, ricostruendo su basi solide un'economia oggi ampiamente collettivizzata e corrotta, grazie all'inevitabile intreccio tra politica e interessi privati.
E invece Renzi continua a farci credere che una riduzione della spesa avrebbe effetti regressivi.L'economia ha regole ben chiare e pensare che un Paese gravato dai debiti possa rimettersi in moto aggravando la propria situazione debitorie è da irresponsabili. Ne pagheremo le conseguenze.
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