Tombolo (Pd). Gianni, l'amico con il berretto in testa e gli occhi che trattengono le lacrime, spiega tutto con una battuta: «La casa vecchia varrà sì e no cinquemila euro, quella nuova, la villa che Ennio si era costruito appena fuori dal paese, ci metti due ore per visitarla e ha un parco che non finisce più».
Tombolo, ottomila abitanti nella campagna piatta: da qui Ennio Doris è partito, qui tornava appena poteva. Un puntino sulla carta, a due passi dalle mura di Cittadella. La miseria che tutti i veneti hanno nello specchietto retrovisore. Ma anche la magia della gioventù che il banchiere non aveva mai abbandonato.
«Giovedì, il giorno dopo che è morto papà - racconta al microfono Massimo Doris - sono andato in ufficio a Milano3. Oggi abbiamo 3200 dipendenti e 5500 family banker, ma mio padre da bambino abitava a Tombolo, un paese povero, anzi a Rondiello, il quartiere povero di un paese povero». In quell'abitazione così modesta «c'erano sei stanze: quattro camere e due cucine, il bagno - aggiunge Massimo - non c'era perché si andava fuori sul letamaio. Dentro, ci vivevano in quindici o sedici».
Una vita contadina in un paese di mediatori di bestiame. L'odore degli animali che ti entra dentro. Un destino segnato e invece una malattia, la nefrite, dirotta Ennio verso lo studio e nuovi orizzonti. «Era ambizioso - spiega la signora Marina che lo conosceva bene - voleva tirarsi fuori da quella povertà e la ragioneria è stata la strada».
Il cordone ombelicale con Tombolo però non l'aveva mai reciso. Il fine settimana, appena c'era la possibilità, si materializzava in Veneto. «Giocavamo a briscola, anzi a briscolone, qui al bar Centrale, davanti alla chiesa - va avanti Gianni - Grandi partite, in sei, e ricordo una volta che ci fregò e poi pago il gelato a tutti a Cittadella».
Ognuno ha il suo aneddoto in un borgo che ha lasciato il vestito della povertà ma non ha perso la dimensione della porta accanto. «Lui veniva in sagrestia senza che io glielo chiedessi, sempre accompagnato da Lina - ricorda don Bruno, il parroco che officia la cerimonia funebre - e ad ogni spesa per restauri e lavori vari ripeteva sempre: Noi ci siamo, la famiglia è pronta a dare il suo aiuto. Ma una volta che avevano raccolto dei soldi e una bambina aveva dato tutti i suoi piccoli risparmi, lui aveva aggiunto: Vedi, quella bambina ha dato più di me».
Tombolo come unità di misura per affrontare le sabbie mobili della metropoli e della grande finanza, Tombolo ben più di un rifugio. Anche se poi c'era la geografia domestica a rassicurarlo: le cene al ristorante, al tavolo dei Mediatori, il baccalà mantecato e una bottiglia di Amarone. Altre volte gli chef proponevano i piatti della tradizione nella cornice domestica e d'altra parte lui era attaccato alle sue radici. In un modo quasi fisico.
Nella casa dove oggi i Doris si ritrovano c'è un tinello che ospita il tavolo e le sedie dell'infanzia. Cimeli custoditi gelosamente: quasi una ricostruzione storica, come se ne vedono nei musei. Un sancta sanctorum di famiglia, a mostrare che lì tanti anni fa era cominciato tutto. «Caro nonno - afferma la nipote Aqua - il tuo impegno e la tua passione ci hanno regalato una vita fatta di scelte. E scegliere non è un lusso consentito a molti».
Forse, è stata una delle conquiste di cui Ennio Doris andava più fiero: aver permesso ai due figli e a cascata ai sette nipoti, i «seven», di rompere il cerchio di esistenze tutte uguali e di poter esplorare il mondo. Ma senza mai allontanarsi troppo.
Ci sono molte storie imprenditoriali di successo nella generazione di Doris. Chi conosce per esempio la biografia di Ernesto Pellegrini, oggi a capo di un grande gruppo nella ristorazione, può leggere in controluce la stessa povertà contadina, parallela a quella del banchiere, solo ambientata in una cascina alla periferia di Milano, quasi ai bordi della pista di Linate.
Analogie sorprendenti, tenacia e fedeltà in cassaforte, nell'Italia che scalava le gerarchie dei Paesi industrializzati ed entrava nel club dei
Paesi più avanzati. Ma molte dinastie da prima pagina hanno perso sui tornanti del benessere il legame con le origini. E la combinazione segreta di quei valori. Doris no. E a Tombolo è rientrato anche per l'ultimo viaggio.
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