Non bisogna temere che scoppi una guerra mondiale. Perché è già scoppiata. Se si intende quella guerreggiata, ovviamente no: per ora è «solo» un conflitto tra un Paese, la Russia, che ne ha invaso un altro, l'Ucraina. Se però con guerra si intende una divisione bipolare del mondo tra blocchi che si contrappongono militarmente o si predispongono a farlo, al fine di mantenere o estendere la propria sfera d'influenza, allora sì, siamo in piena guerra mondiale. Basti vedere il comportamento della Cina, sempre più alleata di Putin, ma anche quello dell'India. Potenze che fino ancora a pochi anni fa sembravano far parte del «mondo piatto» della globalizzazione, ora andato in frantumi. Qualcuno già da tempo la chiama «nuova Guerra fredda», ma in realtà appare già molto calda: una devastazione così, nel continente europeo, non vi era mai stata dal 1945, nonostante la ex Jugoslavia. Infatti la guerra fredda possedeva un suo equilibrio, fondato anche sulla deterrenza nucleare, che questo nuovo conflitto mondiale per ora non riesce a darsi. Come la guerra fredda, questa nuova è fondata sulla contrapposizione tra Occidente e Oriente, ma non è più connotata in maniera ideologica precisa: se ai tempi dell'Urss era un'alleanza di stati comunisti, ora il nuovo blocco potremmo definirlo, riprendendo un vecchio volume del sociologo tedesco Karl Wittfogel, «dispotismo orientale». Questo termine ci permette di comprendere regimi diversi tra loro come quello russo, quelli cinese e nord coreano, quello iraniano e anche ormai quello indiano. Qualcuno preferisce chiamarle democrature, ma è solo una questione nominale. Diversamente dalla guerra fredda, che possedeva un limes fissato a Yalta, questa è una competizione guerreggiata per espandere la propria sfera d'influenza: l'obiettivo, l'ha chiarito Lavrov, il blocco dispotico orientale intende costruire un «nuovo ordine mondiale» alternativo agli Usa: cioè all'Occidente, alla libertà e alla democrazia. Una sorta di Quinta Internazionale, che come la terza, sostiene regimi e partiti fratelli in Occidente: e ormai quello di Orbán è a tutti gli effetti alleato del blocco orientale. Ma i suoi tentacoli arrivano ovunque: in Italia abbiamo gruppi e leader politici ancora legati a Mosca, tanto che Draghi ha dovuto, al Copasir, inviare un segnale di allarme.
E in Francia, dove si vota domenica, la principale avversaria di Macron, Marine Le Pen, è legatissima alla Russia. Non c'è ancora nessun fattore P che funzioni da diga, come fu il fattore K: ma forse sarà il caso di iniziare a costruirlo.
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