La quota 289 è un rebus: ma tutti evitano Mélenchon

Nessuno dei tre blocchi ha i numeri per governare. L'unica strada sembra l'alleanza tra sinistra moderata, centristi e neogollisti

La quota 289 è un rebus: ma tutti evitano Mélenchon
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Operazione 289. Tirate fuori dal cassetto il pallottoliere, nei prossimi giorni ce ne sarà bisogno. La situazione che il secondo turno delle elezioni legislative ha consegnato ai contabili politici è la seguente. Il Nouvel Front Populaire, la coalizione di sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, ha ottenuto 182 deputati; la coalizione governativa di Emmanuel Macron, Ensemble pour la Republique, ne ha rimediati 168, mentre il partito di estrema destra Rassemblement National si è fermato a 143. Ai Républicains che non hanno seguito il leader Eric Ciotti nella sua fuga verso Rn sono andati invece 46 seggi. Gli altri 38 seggi sono sparpagliati tra formazioni di destra (14), di sinistra (13), di centro (6), localiste (4) e varie (1).

Naturalmente nessuno dei tre blocchi principali ha i numeri per governare da solo. Alla sinistra mancano 107 seggi, senza considerare che Jean-Luc Mélenchon, il leader di La France Insoumise, ha ora ereditato il ruolo di pecora nera che prima aveva Jordan Bardella. Tutti hanno accettato turandosi il naso l'alleanza con il leader antisemita dell'estrema sinistra pur di battere Rn, ora che la missione è stata compiuta nessuno pensa davvero di poter fare un governo con lui. Nemmeno gli alleati del Nfp della sinistra moderata, i socialisti di Olivier Faure e Place Publique di Raphael Glucksmann, si fidano del tribuno di Tangeri. Anzi, Glucsmann ha sempre visto Mélenchon come il fumo negli occhi. Anche se mezza Francia ha un debito di riconoscenza con lui, sarà fatto fuori dall'agibilità politica spaccando immediatamente il Fronte popolare. Quello che resterà, la sinistra moderata, dovrà guardare al centro e alla destra moderata per far quadrare i conti. Secondo una simulazione di Le Grand Continent, l'alleanza tra i socialisti, Place Publique, Ensemble (MoDem, Renaissance, Horizons e altri) e la destra (LR e altri) sarebbe in grado di ottenere la maggioranza assoluta con 359 seggi. Naturalmente una simile accozzaglia di ideologie e valori antitetici potrebbe pensare di amministrare la seconda economia europea solo a fronte di un contratto di governo preciso e firmato da tutti. Un governo di progetto a somiglianza di quello che è più volte avvenuto in Germania. Ciò che però non corrisponde alla tradizione politica francese. Inoltre chi metterebbe la faccia come presidente del consiglio? Chiunque lo facesse avrebbe più da rimetterci che da guadagnarci.

Del resto ogni altra soluzione è impossibile: Rn anche alleandosi con i neogollisti e con gli autonomi di destra raggiungerebbe i 203 seggi, molto sotto quota 289. E La France Insoumise rivendica il governo ma sa benissimo che i numeri non ci sono, anche a pensare di governare a colpi di 49.3, la legge costituzionale che permette al governo di bypassare il voto parlamentare.

Ci vorranno probabilmente settimane per avere la quadra in una Francia terremotata politicamente.

In due anni, dalle legislative del 2022 a quelle del 2024, ben 155 collegi dei 577 totali (quasi il 27 per cento) hanno cambiato colore politico, 80 spostandosi più a destra e 75 più a sinistra, con alcuni showdown spettacolari come quello di Nicolas Dupont-Aignan di Rn, batturo dal mélenchoniano Bérenger Cernon nel collegio dell'Essonner, e nell'altro senso il risultato storico di Guillaume Fourquin del Rn che ha strappato dopo 62 anni alla sinistra il feudo comunista della 20esima battendo niente di meno che Fabien Roussel. Da notare che in 65 sezioni la sfida si è decisa con uno scarto inferiore al 3 per cento tra vincitore e sconfitto, e in 13 casi addirittura di meno dello 0,5 per cento.

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