Ci sono anche quattro italiani tra le 411 persone (in prevalenza stranieri e titolari di doppio passaporto, 335, oltre a 76 palestinesi gravemente feriti) che ieri hanno potuto uscire dalla Striscia di Gaza attraverso il valico di confine di Rafah, l'unico non controllato da Israele perché affaccia sull'Egitto. Questo accordo mediato dal Qatar (l'emirato del Golfo in cui risiedono in dorato esilio i vertici di Hamas) con Egitto, lo stesso Hamas e Israele, con il coordinamento degli Stati Uniti non riguarda persone tenute in ostaggio da Hamas, né si è fatto riferimento a quelle «pause umanitarie» nei combattimenti che molti soggetti internazionali hanno invano richiesto in questi giorni. Si è trattato comunque della prima opportunità di lasciare l'inferno della Striscia, al ventiseiesimo giorno del conflitto aperto lo scorso 7 ottobre da Hamas con l'improvviso attacco in territorio israeliano e lo spaventoso massacro di circa 1.400 persone tra civili e militari dello Stato ebraico.
L'apertura del valico di Rafah è avvenuta attorno alle 9.30 del mattino, ora locale. Già nelle ore precedenti centinaia di persone si erano radunate nei pressi del posto di confine, pronte a sfruttare la preziosa occasione di abbandonare Gaza. Si era formata una lunga fila di ambulanze ed era possibile vedere diverse persone in sedia a rotelle: l'Egitto aveva precisato di aver concesso il permesso di ricevere cure nei propri ospedali (ne è stato approntato uno da campo presso Sheikh Zuwayed) a 81 palestinesi tra quelli feriti più seriamente. Anche sul lato egiziano del valico c'erano numerose ambulanze pronte a raccogliere i feriti, oltre a decine di camion con aiuti umanitari internazionali destinati invece alla popolazione di Gaza.
Non è ben chiaro quali saranno i successivi sviluppi di questo episodio. Fonti diplomatiche hanno lasciato trapelare che fino a 7.500 titolari di passaporti stranieri potrebbero essere autorizzati a passare da Gaza in Egitto nelle prossime settimane per poi lasciare il Paese con voli in partenza dagli aeroporti di El Arish e del Cairo, ma non si hanno ancora conferme né risultano scadenze certe. Ieri il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani, confermando l'uscita dal valico di Rafah di «un primo gruppo di nostri connazionali che intendevano lasciare Gaza», aveva aggiunto che la Farnesina stava «lavorando per l'uscita di altri con le prossime aperture programmate per domani e nei giorni successivi».
Chiarito che questi movimenti in uscita non riguardano i circa 240 ostaggi che Hamas ha catturato il 7 ottobre in territorio israeliano, proseguono le sanguinose operazioni militari ordinate dal governo di Benjamin Netanyahu nella Striscia. Il loro obiettivo dichiarato non è soltanto l'eradicazione di Hamas da Gaza, ma la liberazione di questi ostaggi. Un compito a dir poco arduo, considerato che i prigionieri vengono custoditi in una fitta ragnatela di tunnel e nascondigli sotterranei che innervano il territorio controllato da Hamas.
La televisione pubblica israeliana Kan ha riferito che decine di commandos americani sono giunte in Israele nei giorni scorsi per offrire aiuto e consigli: secondo l'emittente, Fbi, Dipartimento di Stato Usa ed esperti in trattative per il rilascio di ostaggi sono in contatto a tale scopo con gli israeliani.
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