L'Usigrai prepara il suo 25 aprile in Rai. Il sindacato dei giornalisti, con simpatie Pd, proclama uno sciopero di 24 ore il prossimo 6 maggio. La motivazione è secca: «Il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo», si legge nel comunicato. Certo, alla base della mobilitazione ci sono anche altre ragioni tra cui l'assenza del piano industriale, le carenze di organico in tutte le redazioni, il no dell'azienda ad una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità. Ma è chiaro come l'obiettivo della protesta sia quello di aprire un fronte di guerra politica contro il governo Meloni. Ed è un paradosso: dopo anni di lottizzazioni, tutte a sinistra, la Rai si ribella alla politica. «Siamo qui per dire che la Rai deve trovare la forza di liberarsi dal controllo dei partiti che è asfissiante», attacca Daniele Macheda, segretario Usigrai, in piazza a Milano alla manifestazione del 25 aprile. «Non c'è nessun segnale di cambio di direzione. Non abbiamo sentito voci da parte dell'azienda in difesa del prodotto e dell'informazione», aggiunge Macheda ricordando lo sciopero indetto il 6 maggio. Parole simili a quelle scritte da Lucia Annunziata nella lettera di dimissioni. Con una differenza: Annunziata oggi è in corsa per le elezioni europee con il Pd, il principale partito di opposizione al governo. Chi conosce bene il mondo Rai è Gianluigi Paragone, per anni ai vertici del servizio pubblico, che al Giornale fa il punto sullo sciopero del 6 maggio: «La sinistra in Rai è il sistema. Controlla giornalisti, autori e conduttori. Sono spietati e bravi nel difendere le proprie posizioni. A differenza del centrodestra incapace di imporre la propria narrazione. Parlano di TeleMeloni. Ma quali sarebbero questi programmi meloniani? Le dico solo, che a me non è stato consentito presentare il mio libro in Rai. Altro che censura, qui siamo oltre».
Maurizio Gasparri (nella foto), capogruppo dei senatori di Forza Italia, ironizza sulla scelta Usigrai: «Quale sarebbe la motivazione? Allungare il ponte del primo maggio mi sembra l'unico motivo. Non vedo altre ragioni. Semmai dovrebbero protestare per la domanda lei è ebrea? di Zanchini e per le panzane seriali di Report Quelle si sono cose contro le quali protestare», dice l'esponente azzurro al Giornale. Che poi denuncia: «L' Usigrai fa uno sciopero per un vero solo motivo. Per la prima volta a differenza del passato l'azienda non apre a privilegi contrattuali. Non c'è più un premio di risultato in assenza di utili aziendali. Su 12.000 dipendenti solo i duemila giornalisti li percepivano. Da quest'anno non più». Nell'azienda c'è chi si smarca dall'Usigrai: «Ancora una volta l'Usigrai strumentalizza i temi al centro del confronto tra sindacati e azienda per uno sciopero dall'evidente significato politico. Peccato, perché così si sviliscono istanze reali che attraversano tutte le redazioni» ribattono in una nota gli esponenti della componente sindacale di Pluralismo e Libertà, presente in Stampa Romana e Fnsi.
E pare che la
mossa di Usigrai sia dettata proprio dal nervosismo per la crescita di Unirai, il sindacato autonomo che appena sei giorni fa ha ottenuto il riconoscimento. Lo scontro è solo all'inizio. In Rai si preparano alla resistenza.
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