Razzi e proteste, le spine di Netanyahu

Missili Houthi e Hamas su Israele. Scontri di piazza. Trump: "Sì all'offensiva a Gaza"

Razzi e proteste, le spine di Netanyahu
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nostro inviato a Tel Aviv

Le prime sirene suonano alle 4 del mattino in Israele, per avvertire che un attacco è in corso e di dirigersi immediatamente verso i bunker e le stanze di sicurezza. Per la prima volta dal 7 ottobre 2004, anniversario della strage condotta da Hamas, sono i ribelli Houthi dello Yemen a lanciare un primo missile balistico contro il territorio israeliano e a rivendicare in tv di aver preso di mira l'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. L'allerta raggiunge anche altre città, fino a Gerusalemme, ma l'ordigno viene intercettato prima che riesca a raggiungere il Paese. La strategia del terrore è ripartita. E prosegue durante tutta la giornata, con un secondo attacco intorno alle 13.30 ora locale, quando a entrare in azione per la prima volta dopo cinque mesi è Hamas, che dalla Striscia di Gaza lancia tre razzi contro Israele, due dei quali colpiscono aree aperte, mentre schegge del terzo razzo cadono a sud di Tel Aviv, senza danni né feriti. In serata il copione si ripete, con un secondo missile balistico dallo Yemen, anche stavolta intercettato, e allarme a Gerusalemme, cui seguono i raid Usa contro gli Houthi. «È la risposta al massacro sionista contro i civili», tuonano le Brigate Al Qassam, braccio armato di Hamas. Ma in definitiva è la prova che il conflitto si sta intensificando dopo la fine della tregua durata due mesi e interrotta tre giorni fa, con la ripresa dei raid e delle operazioni di terra a Gaza.

Con la stessa intensità, non si fermano le proteste degli israeliani contrari alla linea dura del governo. Di nuovo a centinaia scendono in piazza a Gerusalemme per protestare, convinti che la guerra metta a repentaglio la vita dei 59 ostaggi in mano ad Hamas da 532 giorni, e per dire «no» alla rimozione del capo dell'intelligence interna, Ronen Bar, su cui il Gabinetto di Benyamin Netanyahu vota in serata. Scontri tra polizia e manifestanti avvengono davanti alla residenza del capo del governo, in quella Gaza Street che rievoca il conflitto. Le forze dell'ordine usano idranti e un gas maleodorante contro chi cerca di superare i cordoni di sicurezza. Il presidente del partito dei Democratici, Yair Golan, viene spinto a terra da un agente. Benny Gantz, leader di Unità Nazionale, accusa l'esecutivo: «Tutto questo - dice - è il risultato diretto di un governo estremista che ha perso la sua moderazione ed è impegnato ad ampliare la divisione tra la gente invece di promuovere l'unità. Fermatevi prima di un disastro». Anche il presidente Herzog, senza nominare il premier, stigmatizza le politiche «divisive».

La linea dura di Netanyahu prosegue intanto con il «pieno sostegno» ribadito dagli Usa. Dopo una notte di raid e l'eliminazione di due leader di Hamas, l'esercito estende le operazioni di terra fino a Nord di Gaza City e a Sud, fino a Rafah. Le vittime sarebbero circa 600, oltre mille i feriti. Il ministro della Difesa Israel Katz è convinto invece che la strategia stia funzionando. «Vediamo già che la pressione militare influisce su Hamas. Non ci fermeremo finché gli ostaggi non saranno rilasciati». In effetti il portavoce di Hamas, al-Qanou, spiega che si «sta lavorando con i mediatori per risparmiare al nostro popolo una guerra permanente» e aggiunge di voler collaborare per «costringere» Israele a rispettare la tregua. Ma «non c'è ancora una svolta». La guerra continua.

E dall'Onu l'ex ostaggio Eli Sharabi, rilasciato il mese scorso, pronuncia un discorso straziante, in cui racconta che, in catene, doveva implorare tutto, soprattutto il cibo. E sulla situazione umanitaria a Gaza, dice: «Quelli di Hamas mangiano come i re e rubano gli aiuti mentre affamano i rapiti».

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