La reazione al terrorismo sarà senza quartiere. Ma non si può rinunciare a sognare una pace

Si ragiona sui possibili alleati di Hamas e la pista di una regia iraniana appare come la più plausibile Il fallimento dello Shin Bet, il servizio segreto responsabile per Gaza, apre numerose domande

La reazione al terrorismo sarà senza quartiere. Ma non si può rinunciare a sognare una pace
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Esattamente a mezzo secolo di distanza dalla guerra del Yom Kippur del 1973, Israele si ritrova nuovamente sotto attacco, questa volta non da parte di eserciti arabi, ma da parte di un movimento terroristico palestinese asserragliato da anni nella Striscia di Gaza, Hamas.

L'uccisione di numerosissimi civili innocenti e altrettanti presi in ostaggio ci lasciano sconcertati e meritano la più ferma condanna. Al momento il bilancio delle vittime potrebbe arrivare a 100 e quello dei feriti a 1000, mentre resta incerto il numero degli ostaggi, militari e civili, tra i quali figurano anche numerosi cadaveri portati dentro Gaza e potenzialmente destinati ad una macabra trattativa dove sia vivi che i morti delle due parti potrebbero essere scambiati.

Come cinquanta anni fa, Israele è stato colto di sorpresa, e questa circostanza è ancora più grave considerati gli straordinari ed avanzatissimi strumenti di sorveglianza di cui oggi dispone lo Stato ebraico e la tutto sommata esigua entità territoriale rappresentata della Striscia di Gaza completamente sigillata da terra e dal mare.

È difficile spiegare come Hamas abbia potuto infiltrare, secondo le prime ricostruzioni, ben 1000 combattenti in territorio israeliano e lanciare nel giro di poche ore ben 5000 razzi. In alcune cittadine lungo la frontiera si combatterebbe casa per casa. Gaza è costantemente sorvegliata da satelliti, aerei, droni e palloni aerostatici israeliani, eppure Hamas è riuscita a mettere su una vera e propria offensiva militare lungo quattro direttrici penetrando in profondità nel territorio dello Stato ebraico.

Ma questo fallimento dell'Intelligence potrebbe celare un malessere più profondo. Da qualche tempo la società israeliana è sempre più frammentata, non sembra esservi più una visione condivisa sul futuro del Paese soprattutto a causa di frange estremiste della destra religiosa. Il Paese è da tempo sull'orlo di una crisi costituzionale, e in situazioni del genere anche gli organismi di sicurezza possono risentirne.

Hamas porta la responsabilità esclusiva di questo massacro ma negli ultimi mesi la situazione era diventata esplosiva, anche a causa di iniziative dimostrative a Gerusalemme ad opera della destra religiosa capeggiata da Ben Gvir e Smootrich. Ciò nonostante, non può esservi alcuna giustificazione per i crimini che Hamas sta compiendo in queste ore. Il sostegno ad Israele deve essere in questo momento assoluto

Appare prematuro collegare gli avvenimenti in corso al più ampio quadro internazionale. È certo che l'atteggiamento pro-Ucraina manifestato da Israele negli ultimi mesi non sia stato gradito a Mosca, ma da qui a intravedere una regia del Cremlino nel dramma cui stiamo assistendo ce ne corre. Si può anche ipotizzare un beneplacito iraniano considerato che ad Hamas si è unita anche l'altra organizzazione terroristica palestinese presente nella striscia di Gaza, ovvero la Islamic Jihad la cui linea di comando riferisce direttamente a Teheran.

Parimenti, sarebbe prematuro trarre conclusioni anche sull'impatto che questi drammatici eventi potrebbero avere sul delicato negoziato che Israele e Arabia Saudita stanno portando avanti con la facilitazione degli Stati Uniti per allargare a Riad i cosiddetti Accordi di Abramo. Se infatti l'Arabia Saudita dovesse unirsi ad Emirati Arabi, Bahrein, Sudan e Marocco nell'allacciare relazioni diplomatiche con Israele si tratterebbe di un vero e proprio spartiacque nei tentativi di pacificazione della regione, e di un indubbio successo contro le frange terroristiche impegnate nella delegittimazione e distruzione di Israele.

Nelle prossime ore sarà cruciale verificare gli sviluppi della situazione negli altri teatri limitrofi, in primis il fronte nord di Israele dove si rincorrono voci secondo cui Hezbollah avrebbe già impartito l'ordine di mobilitazione ai propri miliziani per tenersi pronti a sferrare un attacco contro Israele. Cruciale anche il fronte della Cisgiordania mentre non andrebbe nemmeno esclusa una potenziale rivolta dei palestinesi che abitano all'interno di Israele come avvenuto di recente con gravi perdite.

Un dato appare tuttavia certo, Israele ha certamente subito un duro colpo ma anche questa volta si riprenderà, si riorganizzerà, e sferrerà una durissima controffensiva contro il terrorismo.

Tuttavia, una volta che quest'ultimo sarà stato definitivamente debellato come tutti devono sperare, Israele, che è e resterà una grande democrazia, dovrà trovare il coraggio della lungimiranza e la

forza per la ricerca definitiva della pace per giungere veramente ad una pace equa e giusta sulla base della soluzione dei due popoli e dei due Stati.

Ora più che mai questa strada appare nel precipuo interesse di Israele.

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