Corri Italia, corri. E salta, rema, vola, pedala e colpisci, perché un record tira l'altro. L'Italia che non ti aspetti, quella che alla fine della prima settimana di Tokyo 2020 era in grave ritardo, adesso sta scalando il medagliere in modo vertiginoso. L'Italia preoccupata perché le sue miniere d'oro tradizionali, scherma e tiro, si erano improvvisamente inaridite, si è scoperta gigantesca addirittura nella regina dei Giochi, in quell'atletica che da anni era in profonda crisi. L'atletica a cui abbiamo cantato decine di de profundis, è diventata improvvisamente la nostra disciplina trainante, tanto da proiettarci in testa al medagliere di questo sport con gli stessi ori degli Usa. E se la marcia è sempre stato il rifugio dell'atletica azzurra anche nei momenti bui, la doppietta dello sprint va al di là di ogni sogno più folle.
L'Italia da record ce la fa scoprire invece l'ultimo arrivato: quel karate entrato nel programma di Tokyo grazie alle porte girevoli olimpiche che fanno entrare ed uscire gli sport ad ogni edizione. E Luigi Busà riesce a dare un attimo di celebrità a una disciplina spuntata dal nulla e destinata a tornare subito dietro le quinte, firmando la medaglia del primato, la 37esima, quella dello storico sorpasso sui massimi bottini azzurri di Los Angeles '32 e Roma '60 (36 podi), appena in tempo per ritagliarsi un'ora di ribalta prima di cedere i riflettori all'enorme impresa dei ragazzi della 4x100. Che ci portano a 38 medaglie, surclassando i primati precedenti, «i nostri Giochi più belli di sempre» esulta il n°1 del Coni Malagò, anche se va considerato che nelle olimpiadi romane le nostre 36 medaglie arrivarono su 150 gare a disposizione e in quelle americane appena su 117, a fronte dei 339 titoli assegnati a Tokyo. Perché certe specialità, che magari oggi ci esaltano, ai tempi di Roma '60 non le avevano ancora inventate. Resta il fatto che, in base ai calcoli sulle medaglie ancora in palio, ormai siamo sicuri della top 10 nel medagliere.
L'impresa di Jacobs & C frutta tra l'altro il 10° oro che ci fa tornare alla splendida edizione di Atene 2004, visto che a Pechino, Londra e Rio ci siamo fermati a 8, e ci fa eguagliare le 10 di Tokyo prima edizione, 57 anni fa. Adesso ci restano tre giorni per tentare l'impossibile (i 14 ori di Los Angeles '84). E intanto siamo settimi nel medagliere, davanti a Germania e Francia, che sarebbe il miglior piazzamento da Sydney 2000 quando vincemmo ben 13 ori. Certo, queste medaglie hanno pesi specifici diversi, bisognerebbe analizzarle sotto tanti punti di vista, mancano clamorosamente quelle degli sport di squadra, ma ci sono quelle pesantissime dei quartetti (ciclismo) e delle staffette, non solo quella già leggendaria dell'atletica, ma anche del nuoto, 4x100 stile e mista maschili. Oggi però è difficile parlare di sport di serie A e B. Semmai ci permettiamo di giocare con la classifica delle medaglie più o meno fortunate. Perché ci sono bronzi che arrivano solitari a salvare un'intera giornata e vengono celebrati in lungo e in largo, come quello di Lucilla Boari nell'arco che ha permesso ai genitori di passare la giornata in tv e ha dato spazio persino al gossip. E poi ci sono quelli spazzati via in pochissimo tempo da altre imprese straordinarie, come quello dei canottieri Pietro Ruta e Stefano Oppo, terzi nel due di coppia pesi leggeri, ma oscurati completamente dall'oro delle ragazze nella stessa specialità. Così come l'incredibile bronzo della 4x100 mista (Ceccon-Martinenghi-Burdisso-Miressi) avrebbe meritato da solo paginate di giornale e invece spunta l'exploit di Marcell Jacobs che spinge i nuotatori nelle ultime pagine.
E quando non arrivano altre imprese olimpiche, si fanno i conti con l'imponderabile, come capita all'oro di Massimo Stano nella marcia oscurato da Valentino Rossi che ha avuto cinque anni per decidere di ritirasi e l'ha annunciato proprio l'altro ieri. Insomma non basta vincere, ma bisogna saper scegliere il momento giusto.
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