Il Recovery è un miraggio: i primi soldi Ue a fine estate

Con il veto degli Stati sovranisti resta lo Sure (e il Mes). E Lagarde zittisce Sassoli sulla cancellazione del debito

Il Recovery è un miraggio: i primi soldi Ue a fine estate

Eticchettarlo come uno scontro tra istituzioni europee non sarebbe giusto. Quella che ieri la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha riservato a David Sassoli non è nemmeno una bocciatura. Semmai sembra un «non classificato»: Impossibile prendere in considerazione l'idea del presidente dell'Europarlamento di cancellare il debito pubblico creato dalle spese per l'emergenza Covid. «La mia risposta è molto breve: qualsiasi idea su questo piano semplicemente è una violazione del Trattato Ue: la Bce opera sulla base del Trattato il cui articolo 123 proibisce questo tipo di approccio, noi rispettiamo il trattato, punto», ha spiegato Lagarde alla Commissione Affari monetari dell'Europarlamento.

Non si tratta di un ritorno di fiamma rigorista. La Banca centrale resta fedele alla politica espansiva inaugurata da Mario Draghi e ieri la presidente non si è detta contraria a trasformare Nexy Generation Eu, quindi il Recovery fund, in uno strumento permanente.

Più che la cancellazione del debito, per l'Italia la priorità resta proprio una veloce approvazione del piano di ripresa europeo sul quale però non c'è certezza. Nonostante gli effetti drammatici della seconda ondata e le prospettive economiche negative, sulla risposta dell'Ue all'emergenza economica da Covid pesano ancora incertezze. I finanziamenti sono legati alla trattativa sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 dell'Ue, sul quale ora grava il veto di Ungheria, Polonia e Slovenia, unite nel dire «no» al requisito del rispetto dello stato di diritto, al quale è subordinata la concessione dei finanziamenti europei, secondo l'accordo - per il momento solo politico - raggiunto giorni fa tra il Parlamento europeo e il Consiglio.

Lunedì il Coreper, l'organismo di cui fanno parte gli ambasciatori degli Stati presso la Ue, non ha raggiunto un accordo sulla proposta che riguarda le risorse proprie dell'Ue, sulla quale serve l'unanimità.

Senza non ci sono nemmeno i fondi del Recovery. Una prospettiva che non fa comodo a Polonia e Ungheria, che sono rispettivamente terzo e quarto percettore dei fondi Covid. Per noi, primi beneficiari, uno scenario da incubo.

Sui 36 miliardi del Mes grava ancora il veto di parte del M5s. E in Europa si dà per scontato che alla fine il governo dirà «no». Per ora abbiamo incassato solo due tranche dello Sure, il fondo dedicato agli ammortizzatori sociali, per 16,5 miliardi complessivi.

Restiamo in attesa dei 209 miliardi del Recovery. Nella legge di Bilancio il governo Conte ha creato un fondo da 120 miliardi che anticipa finanziamenti europei. Un azzardo, visto lo stato delle trattative tra gli Stati europei.

La prossima tappa dell'iter europeo è il Consiglio europeo del 10 dicembre (quello di ieri non ha sciolto i nodi). La presidenza di turno del Consiglio Ue, che è della Germania, cercherà un compromesso. Da gennaio dovranno essere pronti i piani nazionali e poi bilancio e recovery dovranno essere ratificati dagli stati dell'Ue. Tappa non scontata. A marzo, ad esempio, ci sono le elezioni politiche in Olanda. Difficile che il governo guidato da Mark Rutte voglia affrontare prima il passaggio parlamentare. Verosimilmente i fondi potranno arrivare alla fine dell'estate.

Ma c'è anche un problema Italiano.

Ieri il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha assicurato che il piano nazionale di ripresa e resilienza italiano arrivera entro novembre. In tempo per il Consiglio europeo di metà dicembre. A mettere fretta all'Italia anche Gentiloni. Come dire, il giudizio Ue non è scontato, la commissione dovrà valutare seriamente il piano.

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