Dopo il reddito grillino pure il dl Dignità fa flop: crollano i contratti

Persi 220mila posti in tre mesi. Gualtieri studia altri incentivi, ma i 5s si oppongono

Dopo il reddito grillino pure il dl Dignità fa flop: crollano i contratti

La crisi post-lockdown sta presentando il conto alle scelte poco avvedute dei Cinque stelle in materia di lavoro. Se il reddito di cittadinanza, nonostante un costo di almeno 7 miliardi annui, non riesce a garantire personale nemmeno ai Comuni che necessitano di volontari, oggi è la stretta sui contratti a termine del dl Dignità a rivelarsi una trappola mortale.

La rilevazione trimestrale sulle tendenze dell'occupazione, realizzata congiuntamente da Istat, Inps, Inail e Anpal ha evidenziato una perdita di posizioni lavorative nel primo trimestre 2020 di circa 220mila unità. «Questo andamento negativo - spiegano gli istituti in un comunicato - è dovuto essenzialmente alla contrazione delle assunzioni, misurabile in 239mila attivazioni di rapporto di lavoro dipendente in meno». In particolare si tratta di -44mila contratti a tempo indeterminato e -195mila a termine. Insomma, poiché da due anni a questa parte per prorogare un contratto a termine dopo i primi 12 mesi è necessario il cosiddetto «causalone» (nella fattispecie: esigenze temporanee, sostituzione di altri dipendenti o incrementi produttivi), le aziende preferiscono non assumere impiegati a termine con il rischio che un giudice del lavoro, riscontrando un difetto di motivazione, le obblighi a stipendiarli a vita.

Il decreto Rilancio, in previsione di un incremento dei disoccupati, sblocca quest'impasse fino al 31 agosto eliminando il «causalone», ma dopo che cosa succederà? Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, pentastellata della prima ora, ha ripetuto in ogni occasione che la misura è temporanea e che indietro non si torna. Per M5s sarebbe un'ulteriore sconfitta. Anche il Pd non può definirsi tradizionalmente «amico» della flessibilità dei contratti ma il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, consapevole della tragedia che si annuncia in autunno, ha fatto un passo avanti. «Le modifiche al dl Dignità resteranno fino alla fine di dicembre», ha detto ieri a Otto e mezzo. L'idea, poi, è proporre nuovi sgravi contributivi alle assunzioni per almeno 6 mesi con l'obbligo di non licenziare il neoassunto per un anno almeno. L'ipotesi non è originale al 100% in quanto l'Ocse l'aveva già suggerita.

Poi si discuterà sul dl Dignità. Il discorso è in fase embrionale e presenta molte incognite sulla tenuta della maggioranza. A partire dalla sostenibilità economica e sociale. Gli incentivi costano e come sperimentato dal governo Renzi, quando finiscono, producono ugualmente disoccupazione. D'altronde, muoversi è un imperativo in quanto, secondo i calcoli della Uil, la cassa integrazione con causale «Covid-19» ha consentito di salvare 5 milioni di posti di lavoro.

Non è un caso che ieri le associazioni degli ordini professionali (Cup e Rpt) abbiano proposto agli Stati generali la reintroduzione dei voucher, l'abolizione delle causali e l'introduzione di un ammortizzatore unico. Perché quando finiranno cassa integrazione e blocco dei licenziamenti («Lo prorogheremo», ha aggiunto Gualtieri»), la situazione sarà drammatica. E i Cinque stelle non potranno fare finta di nulla.

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