Il referendum sul taglio dei parlamentari si terrà il 29 marzo

La consultazione non avrà quorum; l'ufficialità arriverà con il decreto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Il referendum sul taglio dei parlamentari si terrà il 29 marzo

Nella giornata di domenica 29 marzo gli italiani saranno chiamati alle urne: i cittadini dovranno votare sul referendum confermativo della riforma sul taglio dei parlamentari. Non essendo un voto abrogativo, va sottolineato che non ci sarà il quorum. A comunicarlo è stato Palazzo Chigi, al termine del Consiglio dei ministri che si è tenuto verso le ore 17.50: "Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giuseppe Conte, ha convenuto sulla data del 29 marzo 2020 per l’indizione – con decreto del presidente della Repubblica – del referendum popolare previsto dall’articolo 138 della Costituzione sul testo di legge costituzionale recante: 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dalle due Camere e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 240, del 12 ottobre 2019". Dunque manca solamente l'ufficialità, che arriverà dopo il decreto del capo dello Stato Sergio Mattarella.

La decisione

Proprio la scorsa settimana era arrivato il via libera da parte della Corte di Cassazione alla consultazione richiesta da 71 senatori di vari gruppi con firme depositate il 10 gennaio. La bandiera del Movimento 5 Stelle, che prevede la riduzione dei parlamentari da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato, dovrà dunque passare al vaglio degli italiani. Si tratterà del quarto referendum costituzionale tenuto durante la storia della Repubblica, dopo quelli del 2001, del 2006 e del 2014. L'altissima probabilità della vittoria del sì ha comportato la chiusura della possibile finestra per tornare a votare con le regole attuali che prevedono l'elezione di 945 parlamentari.

Il governo aveva 60 giorni di tempo per decidere la data del voto, che deve tenersi tra i 50 e i 70 giorni successivi. Escludendo le domeniche delle Palme (7 aprile) e di Pasqua (12 aprile), si sarebbe finiti al 19 aprile se si fosse concesso un dibattito pubblico più ampio.

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