Il referendum verso lo slittamento a maggio Ipotesi accorpamento con le Regionali

Palazzo Chigi per il rinvio della consultazione sul taglio dei parlamentari Favorevoli quasi tutti, Pd perplesso. Tra le grandi criticità l'uso delle scuole

Il referendum verso lo slittamento a maggio Ipotesi accorpamento con le Regionali

Roma Già, il referendum. Non bastavano il Coronavirus, l'emergenza economica, gli ospedali pieni e gli stadi vuoti, ci voleva pure questa scadenza istituzionale, questo rito della democrazia diretta, a complicare ancora la situazione. La data è il 29 marzo: quel giorno, così ha stabilito tempo fa il Consiglio dei ministri, gli italiani saranno chiamati alle urne per confermare o meno la legge che taglia il numero dei parlamentari, portandoli dai quasi mille di oggi a seicento. Ma la domanda è: ci saranno le condizioni per lo svolgimento di una regolare campagna, anche nelle zone rosse? Come si pensa di organizzare dibattiti e comizi nelle città chiuse per paura del contagio? Palazzo Chigi infatti sta pensando a un rinvio. Domani la decisione, ma Federico D'Incà, ministro per i rapporti con il Parlamento, si è portato avanti con il lavoro: «Potremo posticiparlo a maggio, insieme alle elezioni regionali». E così il governo avrà almeno altri due mesi di tregua.

L'idea di accorpare le amministrative con il referendum serve ai 5s per attutire una probabile sconfitta nel voto locale. Certo, per depotenziare una possibile mina sulla durata della legislatura, i grillini saranno costretti ad ammainare almeno per un po' una delle loro leggi bandiera. «Nulla è stato ancora stabilito», precisa subito D'Incà. Anzi, sostiene a Sky Tg 24, «al momento la data è confermata, il 29 marzo sarà un giorno importante per il Paese, molto sentito dalle persone che vogliono le riforme». Però, spiega il ministro, c'è un bel però, il virus. «Bisogna salvaguardare le ragioni del Sì e quelle del No, perché non vogliamo ledere i diritti di nessuno. Bisogna assicurare un'adeguata campagna referendaria pure nelle zone rosse e in quelle regioni dove abbiamo maggiori problemi con il corona. Decideremo in settimana, a seconda anche dei dati epidemiologi che arriveranno e dei consigli medici».

Insomma, si va verso il rinvio, come chiedono i persino i radicali, che sulle consultazioni popolari hanno costruito la loro storia. «Non si può votare per un referendum - si legge in una lettera a Conte di Emma Bonino e Benedetto Dalla Vedova - per cui non è possibile svolgere iniziative politiche, di informazione e discussione». L'opposizione non farà barricate. Per Matteo Salvini «decide il governo». Giorgia Meloni preferirebbe votare però si rimette «alle autorità competenti». Ma Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, avverte: «È un terreno del tutto nuovo, un referendum convocato non è mai stato spostato. Occorrerebbe un consenso vasto, coinvolgendo i due comitati, non si possono fare scelte improvvisate. La campagna? Il vero ostacolo allo svolgimento che vedo è l'uso delle scuole, la loro agibilità». Bisogna pensare anche ai ragazzi: «Se si sposta il referendum non si può non accorpare con le amministrative, gli studenti hanno già perso molti giorni e non si possono interrompere tre volte le lezioni». Un'altra ipotesi è aprire i seggi a giugno, quando l'anno scolastico sarà archiviato.

Comunque andrà a finire, si confermerà la tendenza delle ultime settimane: il Coronavirus, oltre alle attività produttive del Paese, sta sospendendo pure la politica.

L'esigenza di tenere i toni bassi e di evitare polemiche autodistruttive, sottolineata in un paio di appelli pubblici di Sergio Mattarella e interrotta ogni tanto solo da Salvini, il freno alla litigiosità interna della maggioranza per fare fronte comune contro il contagio, ora il rinvio del taglia poltrone. Risultato, il traballante Conte resta in sella per forza di cose e la legislatura si allunga.

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