"Requisire i profitti di banche e aziende". Con l'alibi bollette torna il sogno rosso: gli espropri proletari

I comunisti stanno tornando o, per meglio dire, non se ne erano mai andati ma si erano solo camuffati sotto mentite spoglie

"Requisire i profitti di banche e aziende". Con l'alibi bollette torna il sogno rosso: gli espropri proletari

I comunisti stanno tornando o, per meglio dire, non se ne erano mai andati ma si erano solo camuffati sotto mentite spoglie. Ogni scusa è buona per tassare i cittadini, ridistribuire la ricchezza, pensare nuovi sussidi, ostacolare l'attività privata e di impresa. La nuova occasione è offerta dal tema dell'ambiente e dalla crisi energetica a cui la sinistra, invece di cercare soluzioni strutturali per risolvere il problema (che ha contribuito a creare con anni di no ideologici), risponde con la solita ricetta: introdurre nuove imposte.

D'altro canto, quando mancano le idee, la strada più veloce è sempre la stessa; mettere le mani nelle tasche di cittadine e imprese. Ultimo in ordine di tempo è il segretario della Cgil Maurizio Landini che propone: «Prendiamo tutti i profitti extra delle imprese», non solo quelli delle aziende. Poco importa se la misura di tassare gli extraprofitti si sia rivelata un buco nell'acqua (ad oggi dei 10 miliardi previsti, lo Stato ne ha incassato solo 1) vista la difficoltà ad esigerli. Landini rilancia proponendo di estendere la misura anche a imprese che non operano nel campo energetico, come banche e aziende farmaceutiche, aumentando il prelievo dal 25% al 100%. «Non si capisce per quale motivo - chiede candidamente - non si possano toccare». In realtà la risposta è semplice: si tratta di una misura che rischia di alterare le dinamiche di libero mercato. Un conto è perciò proporla come un intervento una tantum e limitato a un settore specifico, un altro estenderla ad ambiti che nulla hanno a che fare con l'energia, realizzandola con una tassazione al 100% (il solo pensiero di una tassa al 100% mette i brividi).

Sarebbe però un'illusione pensare che le tasse sull'energia e l'ambiente riguardino solo le grandi imprese, poiché sono proprio i cittadini ad essere i più colpiti. Negli ultimi anni si è diffuso il concetto di «tassa etica», un'imposta che ci viene detto sia giusto pagare «per il bene del pianeta». Un esempio su tutti è la Plastic tax, l'imposta sul consumo di plastica monouso che sarebbe dovuta entrare in vigore nel 2020 ma la cui introduzione dovrebbe scattare nel 2023.

Alla fine dello scorso anno l'Ue, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica, ha proposto di vietare la compravendita e l'affitto delle case che consumano troppo, introducendo l'obbligo di rilascio di una «certificazione di efficienza energetica degli edifici». Una proposta per il momento accantonata ma che verrà senza dubbio rilanciata. D'altro canto tassare il mattone è un grande classico della sinistra e Nicola Fratoianni, per risolvere il problema dell'inflazione, è tornato a caldeggiare una «patrimoniale sulle grandi ricchezze».

Se tassare non basta, si passa alla fase successiva: intervenire direttamente sui capitali e sulle proprietà. La proposta arriva da Eleonora Evi, europarlamentare e portavoce dei Verdi che, non paga di essersi autocandidata a unica leader donna del centrosinistra, ha pensato di rilanciare con un'altra proposta talmente assurda da aver scatenato l'ilarità generale: l'abolizione dei jet privati. Non è chiaro se l'idea sia stata prima concordata con i beniamini della sinistra Fedez e Chiara Ferragni, celebri fruitori di aerei privati.

Eppure, dietro a idee che potrebbero essere bollate come macchiettistiche, si nasconde una mentalità pericolosa al punto che il confine tra la «giustizia sociale» e l'«odio sociale» è molto labile e l'ossessività con cui si ripete il concetto di «ridistribuire la ricchezza» dovrebbe far riflettere.

La sinistra sta portando avanti una campagna elettorale che, celandosi dietro all'ambiente e all'emergenza energetica, introduce politiche stataliste, ridistributive e anti liberali con una visione economica che rischia di trascinarci a picco. Si inizia con il jet privato e si passa alla barca, poi all'automobile, infine alla casa e l'esproprio ambientalista è servito.

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