Il ricatto muto di Renzi che parla di "dignità" solo a scalpo ottenuto

Il premier parla di "dignità" solo a scalpo ottenuto: dietro al silenzio ufficiale un pressing con ogni mezzo per scaricare Lupi. E il leader Ncd non lo ha mai difeso

Il ricatto muto di Renzi che parla di "dignità" solo a scalpo ottenuto

C 'era una volta... un re. No, ragazzi, avete sbagliato: c'era una volta un pezzo di legno. L'attacco che avete appena letto, uno dei più celebri della storia, finora ritenuto «stravagante» almeno quanto le avventure di Pinocchio, è la prova provata che Carlo Lorenzini, in arte Collodi, scriveva con cognizione di causa. Aveva intuito l'avvento di Matteo Renzi.

Il quarto giorno, il pezzo di legno parlò. Le dimissioni di Maurizio Lupi, disse, «rappresentano un gesto di grande dignità, di grande sensibilità» fatto «sulla base di una valutazione politica». Una scelta giusta, aggiunse, «con motivazioni che capisco bene». Non si stenta a crederlo. Mastro Ciliegia, pur dedito al buon vino di Toscana, se la sarebbe bevuta alla grande. Arrivando forse a strabuzzare gli occhi solo di fronte all'ultima, assai stravagante, considerazione del pezzo di legno per sua natura un po' burlone e un po' spaccone. «Il rapporto personale e umano con Maurizio Lupi rimane quel che è. Anzi paradossalmente è più forte di prima e credo che lavoreremo insieme, lui nel suo ruolo di parlamentare e di autorevole leader di Ncd, nelle forme che quel partito vorrà prendere...».

Il nostro Pinocchio si sarebbe contenuto assai più del nostro Pezzo di legno, che ha ritrovato voce al termine di un pressing durato tre giorni, nel quale ha usato ogni mezzo, lecito e non. Dalla minaccia esplicita al buonsenso di «non avere un ministro delle Infrastrutture che per tutta la durata dell'Expo verrà sottoposto al fuoco di fila delle domande sui Rolex e sul vestito che indossa». Dalla promessa fatta ad Alfano di mantenere immutata la delegazione di quattro ministri, a quella a Lupi di concedere l'onore delle armi e sostegni per futuri recuperi di carriera. Una tenaglia che ha portato Alfano e Lupi, nell'ultimo vertice, a guardarsi negli occhi e sospirare: «È proprio un democristiano». Più di loro, assai peggio di loro. Una cottura con rosolatura a puntino, e tanto di raccomandazione alla corte: «Fidatevi. Non parlate, vedrete che si aprirà lo spazio per una decisione unilaterale di Lupi». Circostanza confermata inconsapevolmente da Lorenzo Guerini, vice reggente del Pd, che sulla scia del capo ieri ha spiegato: «L'interpretazione corretta è che il premier ha voluto lasciare a Lupi tempo e spazio per fare le sue valutazioni». Tempo e spazio: o mangi la minestra o ti butto dalla finestra.

Ricostruzioni «stravaganti», le ha definite Renzi, gallo che ha ottenuto l'uovo. «Noi siamo davvero garantisti, più volte ho sottolineato che non può bastare un avviso di garanzia per chiedere le dimissioni.

Questo è un Paese che torna normale, dove ci si può dimettere indipendentemente dall'avviso di garanzia, e in cui i magistrati sono liberi di fare tutte le indagini del mondo, e più ne fanno e meglio è». Basta che non vi siano implicati quelli del Giglio; magie possibili nel paese dei balocchi. E dei pezzi di legno.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica