I buoni postali e l’illusione. Così è nata la truffa più celebre al mondo: a cosa stare attenti

La storia di Charles Ponzi, l’uomo che ha messo in atto un raggiro a cui ancora oggi molti si ispirano

I buoni postali e l’illusione. Così è nata la truffa più celebre al mondo: a cosa stare attenti

Un criminale talmente leggendario da essere diventato un verbo, un sinonimo di truffa. Si tratta di Charles Ponzi - per la verità il suo nome completo alla nascita era Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo - ma nel corso della sua vita utilizzò diversi pseudonimi, come per esempio Charles Ponci e Charles P. Bianchi. Ma chi è stato davvero Ponzi - uomo elegante, alto 1 metro e 67, che in soli 8 mesi nel 1920, come riporta lo SmithsonianMag, riuscì a farsi dare da i suoi concittadini 15 milioni di dollari - e in cosa consiste ancora oggi lo schema utilizzato da tantissimi truffatori in tutto il mondo? “Era un truffatore affascinante, il truffatore definitivo”, scrisse di lui il biografo Donald Dunn. Certo, ma non solo questo.

Prima della grande truffa

Classe 1882, Ponzi era nato in Italia da una famiglia in vista anche se, come si diceva all’epoca, “decaduta”. Fece l’impiegato postale e trascorse 4 anni all’università La Sapienza di Roma pensandola come “una vacanza di 4 anni”, ma alla fine, consigliato dalla famiglia, che sperava di rinverdire le proprie finanze, emigrò a Boston nel 1903: ci giunse con due dollari e mezzo, dato che durante il viaggio in nave aveva dilapidato tutto in scommesse. “Sono arrivato in questo Paese con 2,50 dollari in contanti e 1 milione di dollari di speranze, e quelle speranze non mi hanno mai abbandonato”, avrebbe detto successivamente in un’intervista.

Inizialmente Ponzi svolse qualche lavoretto negli Stati Uniti, perdio trasferirsi a Montreal, in Canada, nel 1907, quando iniziò a lavorare al Banco Zarossi, una banca privata fondata da Luigi Zarossi, che prometteva tassi di interessi raddoppiati agli immigrati italiani. Tuttavia la banca presto fallì: Zarossi liquidava gli interessi dei vecchi conti ricorrendo ai nuovi clienti - un meccanismo che Ponzi fece proprio - e quindi il proprietario dell’istituto di credito, minato da problemi con i mutui immobiliari, fuggì in Messico con gran parte dei fondi rimanenti della banca.

Subito dopo, Ponzi finì in carcere per aver falsificato e incassato un assegno di un ex cliente del Banco Zarossi: per lui si sarebbero aperte e poi richiuse le sbarre del penitenziario St. Vincent-de-Paul, dove Ponzi divenne il detenuto 6660. In quel periodo mentì alla famiglia in Italia, scrivendo alla madre di essere diventato “assistente speciale” del direttore di un carcere. Nel 1911 diventò davvero assistente di un direttore carcerario, ovvero quando fu interprete per il dirigente della prigione di Atlanta, dopo essere arrestato a seguito di un piano legato all’immigrazione clandestina in cui era stato coinvolto.

Una volta libero, Ponzi tornò a Boston, dove iniziò a lavorare come infermiere in una miniera: si offrì di donare ampie porzioni della sua pelle per un trapianto a una collega sconosciuta, rimasta ustionata in un altro campo minerario, finendo ben presto disoccupato, per via della pleurite causata dalla sua particolare donazione. Nel 1918 si sposò con Rose Maria Gnecco, immigrata italiana di seconda generazione, e svolse diversi lavoretti per sbarcare il lunario, ma sempre senza successo - e provocando, tra l’altro, il fallimento della frutterà a conduzione famigliare dei parenti di sua moglie.

Lo schema Ponzi

Lo Schema Ponzi può tranquillamente essere definito una catena di Sant’Antonio, un modello di vendita fraudolento, basato essenzialmente sul reclutamento di nuove persone partecipanti, con il compito precipuo di frodare i risparmiatori. Si tratta di un vero e proprio modello economico, con una struttura architettonica dotata di una precisa strategia e alla cui base non vi è alcun tipo di investimento che generi valore e profitto”. A dirlo, in un’intervista rilasciata alla FEduF, è l’attore Massimo Giordano, che in questi anni ha interpretato Charles Ponzi all’interno di un’iniziativa Consob dedicata all’educazione finanziaria e dal titolo “Occhio alla truffa”.

Nel 1919 Ponzi aprì un ufficio a Boston ed ebbe l’idea che gli avrebbe cambiato la vita: scoprì che i buoni postali (ovvero i coupon filatelici per le risposte da uno Stato all’altro del mondo) pur avendo lo stesso costo, avevano valore diverso. Comprese così che poteva lucrare sulla differenza tra costo e valore, generato da un diverso costo della vita in alcune nazioni europee dopo la Prima Guerra Mondiale e coinvolgere diversi investitori, promettendo un profitto immediato.

L’impalcatura su cui regge lo Schema Ponzi è una struttura piramidale, dove ad alcune vittime vengono promessi forti guadagni in breve tempo, a condizione che queste reclutino nuovi investitori. La tecnica è questa: i primi risparmiatori vengono ripagati con gli investimenti dei successivi; ciò genera un meccanismo di fiducia incondizionata che porta sempre più nuove vittime a cadere nella rete dello Schema. Tutto ciò fino a quando la bolla finanziaria non esplode, per la fuga (con il bottino) o per l’arresto dei gestori della piramide”, spiega ancora Giordano.

Sostanzialmente il metodo - di Ponzi, che con il passare del tempo aveva aperto una sua impresa ad hoc - era lo stesso di Zarossi, per cui venivano liquidati gli utili dei vecchi investitori utilizzando gli investimenti dei nuovi ingressi. Un sistema che arricchiva Ponzi e chi era direttamente sotto di lui, ma non chi era alla base: per questo veniva e viene definito “schema piramidale”. Vennero coinvolti migranti italiani, operai, politici, poliziotti e perfino un sacerdote: tutte queste persone si fidarono di Ponzi e furono truffate.

Le condanne e la fine

Con l’arrivo del proprio successo, a scapito dei nuovi investitori reclutati, Ponzi tenne tutt’altro che un profilo basso, tra auto costose, investimenti immobiliari ma anche beneficenza. Questo attirò le attenzioni di un giornalista di Boston, che però fu denunciato e condannato per diffamazione. Per un po’ le acque si calmarono, ma non fu per sempre e i giornalisti tornarono a occuparsi di lui. Così come lo Stato del Massachusetts. Ed emerse come i buoni postali emessi fossero solo quelli emessi all’inizio, ma Ponzi, attraverso una complessa truffa, aveva dato a tanti la prospettiva di una ricchezza futura basata su una specie di trucco da illusionista.

Nel 1920, travolto da tutto questo, Ponzi si costituì e venne accusato di frode postale dalle autorità federali. La sua truffa aveva causato non solo delle perdite da parte di privati cittadini, ma anche il crollo di alcune banche: nonostante gli 86 capi di imputazione e una richiesta di ergastolo, Ponzi fu condannato a soli 5 anni in un carcere federale, poiché, su consiglio della moglie, si dichiarò colpevole solo per una delle tante accuse.

Dopo aver scontato 3 anni e mezzo, l’uomo fu libero, ma dovette affrontare anche delle altre cause, prima in Massachusetts e poi in Florida e non sempre andarono a suo favore, tanto che qualcuno inoltrò perfino richiesta di rimpatrio in Italia. Il rimpatrio giunse alla fine nel 1934, dopo una condanna ad anni aggiuntivi di prigione e un tentativo fallito da parte di Ponzi di fuggire in patria via nave, dove poi fu in realtà, appunto, deportato. Alla fine morì in Brasile nel 1949, dopo vicende alterne e tentativi semplici di sbarcare il lunario attraverso lavori semplici - anche se in realtà ci provò fino all’ultimo con le scorciatoie, ma la sua fama sempre lo precedeva e veniva inevitabilmente scoperto.

Durante la sua vita, Ponzi aveva prima affascinato e poi fatto infuriare tantissime persone - alla scoperta dell’inganno, ci furono vari tentativi di violenza delle folle ai suoi

danni - aveva messo a punto una truffa così complicata che neppure gli investigatori vennero a capo dei suoi conti, ma soprattutto è rimasto alla storia, creando un sistema che ancora oggi viene utilizzato in tutto il mondo.

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