Rimini, stupro choc in spiaggia. Caccia al branco di nordafricani

Incubo per due polacchi: lei abusata davanti al marito Violenze anche su un trans. Il Comune: "Una bestialità"

Rimini, stupro choc in spiaggia. Caccia al branco di nordafricani

Li ha trovati una prostituta, mentre vagavano feriti, umiliati e intontiti sul lungomare Spadazzi. La donna ha chiamato i soccorsi e così ha avuto fine la notte da inferno di una coppia, due sposini polacchi in vacanza a Rimini, stuprata lei, picchiato e rapinato lui, da un branco di bestie, forse nordafricani, tra le sdraio e i pedalò di uno stabilimento balneare buio e silenzioso. Bestie che poi avrebbero violentato poco distante anche un trans di nazionalità peruviana.

La «piadina meccanica» ha inizio attorno alle 4 della notte tra venerdì e ieri. I due polacchi, entrambi di 26 anni, sono reduci da una notte in compagnia di alcuni connazionali con cui ieri avrebbero dovuto fare ritorno in patria. Si staccano dal gruppo e si appartano sulla sabbia dello stabilimento Chiara, il numero 130 del litorale riminese. All'ingresso il cartello della Capitaneria di Porto di Rimini che invita a non entrare dall'1 alle 5. Ma chi vuoi che legga quel cartello, c'è la musica della risacca che invita alle romanticherie e alle carezze. Pochi minuti e i due si trovano davanti, sbucati dal nulla, almeno quattro figuri, probabilmente stranieri, uno di loro quasi sicuramente di colore. Il branco se la prende inizialmente con lui: lo pestano, lo rapinano, lo immobilizzano. Poi decidono che è arrivato il momento di lei, la stuprano a turno, per lunghi minuti. Quando è quasi l'alba si allontanano e lasciano i due polacchi senza fiato e senza parole. Poco più tardi, il gruppo raggiunge i dintorni di una nota discoteca di Miramare, e aggredisce un trans peruviano. Stesso il metodo: con il cappuccio delle felpe calato sul volto i quattro picchiano, rapinano e stuprano a turno lo straniero e lo lasciano semincosciente nei pressi di un fossato. Nel frattempo la coppia viene soccorsa. Entrambi finiscono al pronto soccorso dell'ospedale cittadino, lei sotto shock, lui vigile anche se dolorante e turbato fornisce alla polizia i primi racconti, dapprima in inglese, poi anche in polacco davanti a un traduttore. Per lei viene invece attivato il protocollo sanitario previsto in caso di violenza sessuale con l'assistenza psicologica. La polizia sequestra gli indumenti indossati dalla donna in cerca di materiale organico degli stupratori e acquisisce i video delle telecamere di sorveglianza dello stabilimento. Scatta la caccia alle bestie, probabilmente «reduci da una notte di sballo con abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti», dice il questore di Rimini, Maurizio Improta.

«Un terribile episodio che ci sconvolge per la sua brutalità e bestialità», dice in una nota il Comune di Rimini. «Ci sono quattro vermi ricercati. Se li prendono, la galera non basta, sono stanco di ripeterlo: castrazione chimica, e non lo fanno più», taglia corto su Facebook il segretario della Lega Matteo Salvini. «Siamo diventati il Bengodi della peggiore feccia di tutto il pianeta», accusa il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni.

Rimini rivive i terribili giorni dell'estate 2015, quando tre violenze

sessuali in pochi giorni, due nella stessa notte di Ferragosto (colpevoli un senegalese e un marocchino), crearono una psicosi e portarono la questura a istituire una task force anti-stupri per pattugliare lidi e lungomare.

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