"Rischiamo la vita, aiuto". Corsa per salvare gli alpinisti

Sara e Andrea dispersi da due giorni, la notte a -12 gradi. Crolla un cornicione sul Castore, un morto e quattro feriti

"Rischiamo la vita, aiuto". Corsa per salvare gli alpinisti
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Il maltempo e la nebbia, la passione per i monti e una voce che si perde da un cellulare ormai scarico: «Stiamo congelando, non si vede più nulla: aiutateci!». Sul Monte Bianco, da sabato scorso, ci sono 4 dispersi nella tempesta; sul Castore, nel gruppo del Monte Rosa, si contano un morto e quattro feriti in una cordata di otto catalani che, ieri, ingannata dall'effetto whiteout, è precipitata nel vuoto per un centinaio di metri.

Straordinari gli uomini del soccorso alpino valdostano: purtroppo, pioggia, neve e scarsa visibilità, stanno, però, ostacolando le operazioni per tentare di salvare la vita ad Andrea Galimberti, ingegnere 53 enne di Cabiate nel Comasco, e alla sua compagna Sara Stefanelli, medico 41enne di origini liguri, ma di casa a Torgnon nella vallée. Partiti sabato nella notte dal refuge de Cosmiques, sotto la funivia dell'Aiguille du Midi, per un nuovo sogno a quota Quattromila, la coppia lui esperto e sportivo, lei allieva provetta di corsi di alpinismo, come li descrivono gli amici dovrebbe aver raggiunto i 4807 metri della cima del Bianco dalla via dei tre Monti, sul confine italo francese. A quel punto la discesa è obbligata: si procede su una cresta e poi in un enorme pianoro fino ai 3800 del rifugio Gouter, sopra a Chamonix. Quasi subito, però, a 4600 metri i due hanno lanciato l'allarme con due telefonate alla gendarmeria francese e al Sav valdostano. Forse, persa la traccia quando la via si biforca fra la discesa verso il rifugio o quella per Les Grandes Mulets i due hanno fornito la loro posizione, non hanno detto di essere caduti ma di essere sfiniti e in balia del meteo. Nelle stesse ore di sabato si sono perse le tracce anche di due sudcoreani diretti sul Bianco per la stessa via: si sa di loro solo perché appartengono al computo di chi non ha fatto ritorno a un rifugio, in hotel o a casa. Per gli italiani, il dettaglio di quella caduta nel crepaccio fa propendere per la perdita della strada «maestra»: «La speranza è che possano aver trovato riparo scavando nella neve o alla capanna osservatorio Vallot», spiega Paolo Comune, presidente Soccorso Alpino Valdostano. Si tratta di un nido d'aquila, dove, a quota 4362, per lo meno si può affrontare la furia degli elementi con un tetto sulla testa. I soccorsi in elicottero sono stati impossibili. Anche a piedi le due cordate, partite sia dal versante che i due avrebbero salito, sia da quello francese per cui stavano scendendo, non hanno trovato traccia e sono dovute rientrare rapidamente. Si tenterà di nuova questa mattina.

Andrea viene descritto come un grande appassionato, oltre che un esperto: le guglie della Grignetta; le cime dell'Oberland bernese sono le cartoline delle sue vacanze. Pochi giorni fa aveva portato la «sua Sara», come lui stesso la definisce, sul Cervino, pernottando all'aperto in discesa, perché la capanna Carrel, quartier generale della via italiana, quest'anno è in restauro. Un bivacco sotto le stelle e il Bianco già in agenda, sapendo che la Grande Becca, anzi il «Matt», come lo chiama lui, che già lo aveva scalato, è vetta ben più ardua. Ma il meteo può scompigliare le carte.

Come ha fatto sul colle del Felik al Castore: gli otto spagnoli non si sono accorti di procedere ormai non in cresta, ma oltre, su una cornice di neve instabile che ha ceduto. Anche in questo caso, i soccorsi hanno trovato una donna morta e 4 uomini precipitati sulla parete opposta a 4061 metri. Nel primo week end autunnale, dopo una lunga estate calda.

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