"Il rischio è che il risultato sia illegittimo. Al voto gli immigrati senza cittadinanza"

L'analista Lucio Martino: "Pennsylvania decisiva per lo zero virgola"

"Il rischio è che il risultato sia illegittimo. Al voto gli immigrati senza cittadinanza"
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Dovrebbe vincere Donald Trump, ma il vero rischio delle elezioni Usa è che votino gli immigrati, che non lo potrebbero fare, favorendo Kamala Harris. “Forte è il rischio che sulla scelta del prossimo presidente cali il sospetto che sia scaturita in modo illegittimo, dato che in base alla Costituzione solo i cittadini e non i residenti, legali o illegali che siano, godono del diritto di voto” spiega Lucio Martino, grande esperto di Stati Uniti. Per molti anni collaboratore del Centro Militare di Studi Strategici e del Guarini Institute della John Cabot University rivela al Giornale un’altra faccia della corsa alla Casa Bianca.

Chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti?
“È davvero “too close to call”, anche se lo stomaco mi dice Trump e l’inerzia del momento è tutta a suo favore. Purtroppo in questo i sondaggi non sono di grande aiuto. In passato si sono distinti per un errore molto più ampio del margine previsto. Ho l’impressione che i sondaggi siano diventati un altro strumento di propaganda che tende in particolare a sottostimare un Trump ormai così criminalizzato da rendere quantomeno esitanti molti dei suoi sostenitori nel momento in cui vengono interpellati da estranei sulla loro preferenza elettorale”.

Su cosa si gioca la partita finale?
“Economia, immigrazione e aborto. La politica estera riscuote un bassissimo interesse. Anche le guerre non sembrano muovere l’elettorato, perché non c’è un visibile coinvolgimento dell’esercito americano. Trump batte sulla forte inflazione degli ultimi anni e sull’ingresso incontrollato di milioni e milioni d’immigrati attraverso il confine del Messico tanto che si può riassumere la sua intera campagna elettorale nello slogan: state meglio ora oppure quando ero io il presidente?”

E per la vice di Biden quali sono i cavalli di battaglia?
“Harris non è ben chiara nelle sue intenzioni, ma comunque insiste sull’esigenza di tutelare ulteriormente le minoranze, anche disponendo di riparazioni finanziarie per gli eredi dei nativi, degli afroamericani, dei cinesi e di qualsiasi altra componente della società in passato discriminata, mentre promette di estendere un diritto all’aborto attualmente negato in un certo numero di Stati ma concesso quasi senza molti limiti in altri”.

È vero che ha dalla sua parte la stragrande maggioranza delle stars?
"Questa storia che tutte le star stanno con Kamala Harris è infondata e in larga parta dovuta a una nostra ertemamente parziale conoscenza del mondo dell’intrattenimento americano. Conosciamo bene Bruce Springsteen, che certo non nasconde le sue simpatie per Harris, ma sebbene abbia venduto anche lui oltre un centinaio di milioni di dischi, non conosciamo altrettanto bene Meat Loaf, scomparso da poco, che si schierò subito dalla parte di Trump già nel 2015. E se altre stelle dello spettacolo come le cantanti pop Bejoncé e Taylor Swift, oppure l’attore Robert De Niro, stanno con la candidata democratica, è altrettanto vero che personaggi in America non meno popolari come il pugile Mike Tyson, l’hip-hopper Kanye West, i rapper Azealia Banks e Lil Pump oppure gli attori Mel Gibson e Dennis Quaid appoggiano Trump. Per non dire poi dell’ex modella e pilota di macchine da corsa della formula Indianapolis Danica Patrick, sconosciuta da noi ma popolare oltreoceano, che da ultimo ha dichiarato di voler votare per la prima volta nella sua vita a favore di Trump perché: “E’ troppo importante””.

I media nostrani sono attendibili nella copertura della corsa alla Casa Bianca?
“C’è una forte faziosità da parte dei media italiani. Televisioni e giornali disdegnano l’America di Trump e le sue fonti. Basta dare uno sguardo agli indici di ascolto dei grandi network televisivi e non ci si può non chiedere perché i nostri media continuano ad avere come principale punto di riferimento una Cnn, palesemente pro democratica, che nell’orario di punta ha un pubblico di quasi tre volte inferiore a quello di una Fox news altrettanto palesemente pro repubblicana. L’effetto è una rappresentazione pesantemente artefatta in senso negativo per Trump e positivo per Harris, che rende inspiegabile l’appoggio di cui l’ex presidente continua a godere tra circa la metà dell’intera popolazione”.

Cosa succederà martedì notte?
“L’attenzione di tutti sarà concentrata sulla Pennsylvania. Harris può contare su 226 voti elettorali dei 270 necessari per vincere le elezioni e Trump su 219. In entrambi i casi si tratta del suffragio espresso da Stati che hanno una chiara tradizione per un partito oppure per l’altro. Sono Stati il cui esito è così scontato che i due rivali quasi non fanno campagna elettorale”.

Tutto si gioca in un pugno di Stati?
“I rimanenti 93 voti elettorali sono decisi da sette stati dalla situazione politica indeterminata. Sto pensando a Nevada, Arizona, Georgia, North Carolina, Pennsylvania, Michigan e Wisconsin. Tra questi, Georgia e North Carolina è molto probabile che votino per Trump, così come Wisconsin e Michigan per Harris. In questo caso, i due contendenti si troverebbero perfettamente appaiati con 251 voti elettorali ciascuno. I 19 voti elettorali mancanti, quelli necessari per entrare alla Casa Bianca, li possono conquistare solo in Pennsylvania, perché Nevada e Arizona, pesando rispettivamente 6 e 11, al massimo arrivano assieme a 17”.

E in Pennsylvania come andrà a finire?
“Se le cose andranno così, il voto determinate sarà quello di una classe operaia afflitta dalla globalizzazione che si riconosce nel candidato repubblicano alla vicepresidenza, J.D. Vance, e che tende a diffidare di una Harris che quattro anni fa si professava intenzionata ad azzerare quell’industria del carbone e degli idrocarburi così importante per tutta la regione”.

Significa che Trump ha la vittoria in tasca?
“Significa che Trump ha molto a suo favore, ma le elezioni del 2016 prima, e quelle del 2020 dopo, hanno sorpreso osservatori ed esperti. Su tutto pesa l’integrità del voto emerso con drammaticità nel 2020 e non ancora davvero risolto. A causa dei non cittadini, tra residenti legali e illegali, che si stima siano qualcosa come quaranta milioni, quasi un decimo della popolazione complessiva. Posto che le procedure di registrazione al voto sono in molti stati relativamente blande, a volte è sufficiente identificarsi con un Social Security Number (per intenderci una specie di codice fiscale che viene concesso a tutti) ed essere disposti a correre il quasi inesistente rischio di venire accusati di spergiuro dichiarandosi cittadini. Il risultato elettorale in stati cruciali proprio come la Pennsylvania è stato in passato deciso da un paio di decine di migliaia di voti. Forte è il rischio che sulla scelta del prossimo presidente cali il sospetto che sia scaturita in modo illegittimo, dato che in base alla Costituzione solo i cittadini e non i residenti, legali o illegali che siano, godono del diritto di voto”.

Sta dicendo che il risultato potrebbe dipendere dagli immigrati, che non sono cittadini americani?
“In un sondaggio della Rasmussen del 24 agosto scorso dedicato alle elezioni presidenziali del 2020, il 9% degli intervistati ha dichiarato di non essere certo che al momento del voto avesse effettivamente questo diritto. E il 62% teme per l’integrità del risultato elettorale nel 2024”.

Ma dopo il 2020 non sono stati presi provvedimenti per evitare polemiche e contestazioni anche violente?
“Purtroppo è così, basta pensare che in molti Stati, come nei feudi democratici di California e New York, solo per fare degli esempi, si può ancora andare a votare senza un documento d’identità. E la cosa è ancora più grave in una fase nella quale il dibattito sull’immigrazione è accesso come poche altre volte in passato. Tentativi, per garantire che votino solo i cittadini americani, ne sono stati fatti come il Save act (H.R. 8281), vale a dire il disegno di legge promosso dal repubblicano Chip Roy, e approvato nel luglio sorso dalla maggioranza repubblicana della Camera dei Rappresentanti, ma poi bloccato al Senato dalla maggioranza democratica”.

Significa che Harris si potrebbe avvantaggiare con il voto di chi ha solo il permesso di soggiorno?
“È possibile e potrebbe avere una grande rilevanza.

E un effetto ancora maggiore se si considera che in diversi dei sette Stati dal risultato incerto le elezioni potrebbero decidersi per un ridotto margine di voti, a volte anche solo per un zero virgola qualcosa della percentuale totale dei votanti”.

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