R egalate, gente, regalate. E ricevete regali. Anzi: Date e ricevete quanti più regali potete. Riempitevi la vita, la casa, la mente di regali: di idee per regali da fare, di sogni di regali da ricevere. Direte: ecco, ci mancava solo questo. In tempi di consumismo imperante, perché fare un inno ai regali? Perché fare un regalo è un atto d'amore. Non credete a chi vi dice che lo spirito del Natale non contempla regali, ma solo «buone azioni». Non è vero, e sapete perché? Perché i regali non sono solo «cose». I regali sono emozioni: rappresentano desideri, affetti, amori, nostalgie; a volte anche rimpianti. Dunque, anche i regali sono «buone azioni».
Io credo che tutta la vita sia un regalo. Il donare il dare e ricevere regali è compenetrato in noi, nel nostro modo di essere, e non, come si crede, solo una scusa per spendere soldi. Chi non fa mai regali è un arido, che non vuole dividere le proprie emozioni agli altri. Se fai un regalo, invece, non sei soltanto generoso con gli altri, ma anche con te stesso. Perché donare è un atto di generosità ma anche di egoismo: se è vero che regalando fai felice chi ami, fai felice anche te stesso. Donare ti fa sentire meglio, ti fa sentire creditore di un sorriso, di un bacio, di una carezza: di un po' d'amore. Per questo credo che una delle maggiori forme di egoismo sia proprio l'altruismo: perché essere generosi con gli altri ti fa sentire bene. E poi, pensate a quanti momenti di felicità sono dati dall'apertura dei regali. Ci sono tanti pacchetti da aprire, quindi tante sorprese: tutto questo provoca, ancora prima che il rito avvenga, una piccola ondata di emozioni. Suspence, eccitazione, speranza, mistero: sono questi gli ingredienti che si agitano nel nostro animo prima di quel rito antichissimo che è il Natale, quando sotto l'albero compaiono tanti pacchetti da scartare.
Un rito: già, aprire un regalo, o meglio ancora aprire tanti regali, è un rito. E, come tutti i riti, necessita di regole. Chi non rispetta le regole del rito del donare, non potrà mai capire la forza simbolica nascosta dietro a questa pratica. La sorpresa, il sotterfugio, la «caccia» a un regalo che sappiamo (o crediamo) farà felice l'altro, il silenzio complice di chi sa e non può parlare proprio per non rovinare la sorpresa; e ancora, il pacchetto ben confezionato, i nastri, i colori accesi, l'albero illuminato, l'atmosfera che sembra per un attimo farci tornare bambini ecco gli ingredienti di un rito che va oltre la banale parola «consumismo». I riti sono sacri: e anche il rito del dare o ricevere regali ha un che di sacro, e non va preso sottogamba. Infelici quelle famiglie in cui si pensa che fare o ricevere regali sia solo un «atto pratico», senza comprenderne la profonda forza simbolica!
Del rito fa anche parte l'abitudine di non eccedere, di non esagerare. A Natale infatti, non si regala in genere un'automobile, un appartamento, una moto: non perché i soldi che dobbiamo spendere non siano adeguati. Ma perché il senso del donare, a Natale, è tutto racchiuso in quel gesto dello scartare tanti pacchetti sotto l'albero. Ecco perché spesso si fanno tanti e piccoli doni, anziché (come avviene ad esempio al compleanno) un solo regalo, ma più grande. Più che un abito, si preferirà allora due o tre accessori; più che un giocattolo enorme, tanti piccoli giocattoli. Perché, moltiplicando i regali, moltiplichiamo gli abbracci, i sorrisi, le emozioni.
Invece un solo grande regalo è un attimo appena finito. È un po' come diversificare e parcellizzare le energie: moltiplicando i regali, crei e moltiplichi le emozioni, mentre un unico regalo rischia di diventare in fondo poco rituale, dunque troppo prosaico e materiale.
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