Ritrovarsi dalla parte sbagliata

Non c'è orgoglio nei loro occhi. Non c'è nei soldati che si sono ritrovati a combattere una guerra fratricida.

Ritrovarsi dalla parte sbagliata

Non c'è orgoglio nei loro occhi. Non c'è nei soldati che si sono ritrovati a combattere una guerra fratricida. Non c'è in chi ha il coraggio di dire no e neppure in quella zona grigia, senza eroi, di quella maggioranza spaurita che abbassa la testa e prega in silenzio, sperando che il flusso della storia li lasci vivi, sopravvissuti. Non c'è più negli oligarchi che hanno condiviso il destino di Putin e ora vorrebbero smarcarsi, ma non ne hanno l'interesse o il coraggio. C'è ancora meno nello loro figlie, come Sofia Abramovich, quando scrive che questa non è la sua guerra. Non c'è orgoglio nella risposta di Artem Dzyuba, capitano della nazionale di calcio, a Vitaliy Mykolenko. Il difensore ucraino dell'Everton scrive: «Mentre tu, bastardo Dzyuba, taci assieme ai tuoi fottuti compagni di squadra, i civili in Ucraina vengono uccisi». E Dzyuba risponde: «Facile parlare quando si ha il culo al caldo in una villa inglese». Il martirio non si può pretendere: cosa fareste voi al suo posto?

Da oggi in Russia ci sarà la legge marziale e chi invoca la pace rischia la vita. Natasha, che vive a Mosca, racconta di un gruppo di bambini, tra i sette e gli undici anni, che hanno portato i fiori davanti all'ambasciata Ucraina. Sono stati arrestati e ai genitori verrà tolta la patria potestà. Ci vuole il coraggio dei bambini, ma non è scontato, non è normale. Allora ai russi alla paura e alla pena si aggiunge la vergogna, quel non sapersi più guardare in faccia, perché lo sai cosa significa girarsi dall'altra parte. Non fare nulla, non dire nulla, sentirti complice del potere senza limite. In Russia il diritto è morto e ci sei abituato da generazioni, da sempre, perché qui le libertà scritte in Occidente sono solo un sogno, un'illusione. È il confine che adesso divide i russi dagli ucraini.

È ritrovarsi dalla parte sporca della storia.

Allora ti vengono in mente le parole di Guzel' Jachina in Figli del Volga (Salani). «Davvero aveva vissuto tutti quegli anni senza sapere niente? Ma senza sapere che cosa? Che il Volga era pieno di morte. Che quell'acqua era fatta di sangue e imprecazioni. Che era ferocia pura».

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