Arriva in aula, davanti alla Corte d'Assise di Genova, il cold case di Nada Cella, la segretaria di 24 anni uccisa nel 1996 nello studio dove lavorava a Chiavari. Riaperta tre anni fa grazie a uno spunto trovato da una criminologa rileggendo le vecchie carte, l'inchiesta ha individuato la presunta killer, che ieri è stata rinviata a giudizio con altre due persone.
Si tratta della ex insegnante cunese Anna Lucia Cecere, oggi 58enne, accusata di omicidio volontario aggravato, di Marco Soracco, il commercialista titolare dello studio dove la vittima venne ritrovata agonizzante e dell'anziana madre Marisa Bacchioni, accusati di favoreggiamento e false informazioni al pm. Dopo due ore di camera di consiglio la Corte d'Appello di Genova ha accolto il ricorso della Procura contro il proscioglimento della Cecere e disposto il processo per i tre indagati, che si sono sempre dichiarati estranei alla vicenda. La prima udienza è in programma il prossimo 6 febbraio. Per la Procura l'ex insegnante avrebbe ucciso la giovane perché voleva prendere il suo posto di lavoro e perché era gelosa di Nadia, che in precedenza era stata corteggiata dal commercialista e che dunque vedeva come una rivale. La criminologa Antonella Pesce Delfino aveva indicato la Cecere come presunta assassina perché nella sua abitazione erano stati trovati alcuni bottoni simili a un altro rinvenuto nella scena del crimine. I bottoni in realtà erano stati trovati dai carabinieri nei giorni immediatamente successivi al delitto, ma i militari non lo riferirono ai poliziotti che indagavano sull'omicidio. Era stato questo input a fare riaprire il caso, ma in un primo momento i tre indagati erano stati prosciolti dal gip che aveva ritenuto gli elementi raccolti dall'accusa insufficienti ad arrivare a una «ragionevole previsione di condanna». La Procura aveva fatto ricorso e ieri ha ottenuto il rinvio a giudizio della Cecere e degli altri due.
«Ho il cuore più leggero, sono contenta. È una restituzione di verità e giustizia», ha commentato la mamma di Nada, Silvana Smaniotto. «Nessuno ci ha condannato e affronteremo il processo. A oggi non è cambiato nulla rispetto a quando il gip aveva deciso per il proscioglimento. Continueremo sulla linea delle incongruenze, convinti della bontà degli elementi portati davanti al gip, continueremo con determinazione perché per noi Cecere non c'entra», ha detto l'avvocato della principale imputata. «Non condivido la decisione dei giudici. Si andrà davanti a una Corte d'Assise e lì si vedrà. Ma il reato per Soracco era prescritto», ha concluso il legale di Soracco e della madre.
Era il 6 maggio del 1996 quando Nada aprì la porta al suo assassino, che la colpì dieci volte con un oggetto appuntito. Fu il commercialista a trovarla a terra, nel sangue, e avvertì la madre, con la quale chiamò i soccorsi.
Gli investigatori pensarono fin dal primo momento che la vittima conoscesse l'assassino, il quale sapeva come muoversi all'interno dell'ufficio. Soracco fu tra i primi sospettati, insieme alla Cecere. Ma ci sono voluti 28 anni per arrivare ad un processo.
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