Rivince il buongoverno: quel regno dei moderati che prospera da 28 anni

Centrodestra al 50% in tutte le province Pd deluso. Moratti fa flop e sogna un partito

Rivince il buongoverno: quel regno dei moderati che prospera da 28 anni

Tutto come previsto, anzi meglio, in Lombardia. Il presidente uscente Attilio Fontana vince in carrozza, sta sul 55%, migliora il risultato di 5 anni fa, stacca di oltre 20 punti Pierfrancesco Majorino, candidato del «campo largo» Pd - 5Stelle e ultimo prodotto della sinistra post-comunista milanese, lasciando a un misero 10% il «bottino» del Terzo polo guidato da Letizia Moratti.

Niente da fare. Il centrodestra vola, consolida il risultato delle Politiche di settembre e si conferma per la settima volta al governo della Regione più popolosa e produttiva d'Italia. Ottiene risultati omogenei in tutto il territorio, con exploit nella fascia settentrionale e fa fatica solo nella metropoli progressista Milano.

La sinistra arrivava a queste Regionali con un sindaco «suo» in quasi tutti i capoluoghi (tutti, tranne Pavia e Sondrio) e il Pd ha confermato anche un certo radicamento, conquistando più o meno il solito bacino di voti, eppure ieri non c'è stata una provincia in cui la coalizione di centrosinistra (formata da Dem più 5 Stelle più Verdi-sinistra) non abbia perso o straperso. E non c'è una sola provincia in cui il centrodestra sia rimasto sotto il 50%, tranne il Milanese dove lo sfiora.

È un caso di scuola, ormai, questa sintonia radicatissima fra i partiti moderati e il blocco sociale della Lombardia profonda. La sinistra, a dire il vero, ci aveva anche sperato. Dal 1995 attendeva l'occasione e due anni fa aveva coltivato l'inconfessabile auspicio che fosse arrivata con gli effetti della crisi Covid, deflagrata con particolare veemenza fra Lodi e Bergamo, Pavia e Brescia. Su questa speranza aveva imbastito una polemica feroce, di marca schiettamente forcaiola, e a tratti anti-lombarda, sulla gestione dell'emergenza sanitaria. Ha provato la spallata insomma. Solo un'illusione alla luce dei fatti. La Lombardia ha pagato un prezzo altissimo all'epidemia, e nell'ultimo anno ha pagato un conto salato anche per la guerra, ma la sintonia fra il centrodestra e il blocco sociale della Lombardia produttiva non è tramontata, anche perché la Regione ha reagito: di fronte al Covid ha messo in pista un Piano Lombardia che ha anticipato il Pnrr europeo, e davanti all'emergenza inflazione innescata dalla guerra ha sollevato - prima in Italia - la questione dei prezzi dell'energia fuori controllo.

Nel 2020 e 2021 Fontana ha capito di avere ancora il pallino in mano, non ha mai alzato i toni, ha aspettato che si posasse la polvere e lasciato che la sua vice giocasse le sue carte. Letizia Moratti ha messo sul piatto tutto il suo peso, in termini di relazioni e non solo. I media per settimane hanno puntato su di lei, ma alla fine la scommessa morattiana è rimasta un'incompiuta, un'impuntatura personale che ora è giustificabile solo la voglia di un'avventura politica nazionale: «Sono convinta - ha detto ieri - che ci sia spazio per ricostruire una proposta politica nuova e che parrirà dalla Lombardia». Accreditata in certi sondaggi di un voto su 5, Moratti ha dovuto accontentarsi di un voto su 10, finendo lontanissima anche dalla prospettiva, pur non esaltante, che qualcuno le attribuiva: «Far perdere Fontana».

Niente di tutto questo: Fontana ha vinto e avrebbe vinto anche se i voti di Majorino e Moratti si fossero sommati. Incassato il bis, il presidente ora inizia il suo secondo mandato e comunque segnerà un'era per la Lombardia.

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