Un gran rifiuto scuote il mondo della gastronomia italiana. È quello di Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi, gli chef del ristorante Il Giglio di Lucca. I tre hanno comunicato alla guida Michelin di rinunciare alla loro (meritatissima) stella, «per tornare ad essere il ristorante di una volta e mettere in scena quello per cui siamo sempre stati famosi: una cucina contemporanea, giocosa, condita da un pizzico di anarchia». «Vogliamo poter fare il lavoro che amiamo senza doverci preoccupare degli standard altrui», dice Terigi. E poi, in coro: «Vogliamo che il Giglio sia un ristorante in cui andremmo a mangiare tutti i giorni, dalle cene in famiglia alle occasioni speciali». Una comunicazione a cui la Michelin risponde un po' piccata: «Non si rinuncia alla stella. È sufficiente non inviare il modulo. I ristoratori lo sanno bene».
Non è la prima volta che qualcuno svita la placca rossa desiderata da ogni chef sulla Terra dalla sua insegna. Capitò anche a Gualtiero Marchesi, che nel 2008, quando cucinava all'Albereta, in Franciacorta, un giorno si svegliò e chiese agli ispettori francesi di non fargli più visita: «Cari critici, da oggi vi critico io», disse il gran lombardo. Ma in quel caso si trattava di un anziano di 78 anni che aveva già detto in termini gastronomici tutto quello che aveva da dire. Qui invece si tratta di tre giovani entusiasti che nel 2019 avevano ottenuto il massimo riconoscimento ma con il tempo, evidentemente, hanno capito che quello che guadagnavano in termini di blasone lo perdevano in termini di naturalezza.
Il caso ha scatenato molte polemiche nel mondo dell'alta cucina, aprendo il dibattito: lesa maestà o coraggio da apprezzare? Di cero va detto che in termini di marketing si è trattato di una trovata niente male. Pubblicità e spazi sui giornali e sui siti specializzati a iosa. Va detto, per onore di verità, che la vicenda pur sembrando apparentemente uno smacco per la Rossa, non fa che confermarne per contrasto l'assoluta centralità. Si parla di un ristorante quando ottiene la stella e se ne parla ancora di più quando la cestina. In ogni caso sempre in cielo si guarda.
Ma il caso solleva altri due temi: quello della indubbia crisi di un modello, quello del fine dining, che deve svecchiarsi urgentemente per rispondere alla richiesta pressante della clientela di meno liturgie e più informalità. E quello che attiene al diritto più o meno legittimo di chiunque sia sottoposto per lavoro al giudizio della critica di sottrarvisi.
Un regista potrebbe mai pretendere di non concorrere all'Oscar? Un calciatore potrebbe chiedere ai giornalisti di non mettere il voto alla sua prestazione, anche se è stato il migliore in campo? Esiste un diritto all'oblio gastronomico e se sì, è più forte del diritto alla cronaca? I tre chef lucchesi la loro risposta l'hanno dichiarata forte e chiara, impugnando il cacciavite.
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