Altro che quota cento. La sanità è tutta a quota e chilometri zero. Mancano i preti. Mancano i direttori di banca fidati. Mancano i medici. Ma soprattutto mancano i pazienti di una volta. Che fine hanno fatto i pazienti se non hanno più la pazienza di aspettare; se vogliono tutto subito, se pretendono le diagnosi su Whatsapp e vogliono le medicine come se servissero a condire l'insalata? Se la Regione poi promuove le ricette su Whatsapp e i medici fanno i robot, abbiamo fatto centro.
Colpa della tecnologia che ha snaturato i rapporti, che li ha resi freddi nevrotici nervosi; che ha reso tutto subito così facilmente fruibile; ma colpa anche del logoramento delle relazioni, della fretta, della mancanza di fiducia, della convinzione che per essere medici basti leggere su internet. A tutto questo sta cercando di porre rimedio un comitato nato a Treviso dopo che un medico ha battuto i pugni e ha alzato la voce. Lui è Gianfranco Aretini, noto medico di famiglia della Marca che si è visto arrivare la richiesta di una diagnosi dermatologica via Whatsapp. Non solo. Ci sono altri medici che si vedono arrivare le foto su Whatsapp e vengono oberati dalle richieste di chi tra una faccina e un cuoricino pretende di avere un responso su quella macchia comparsa sotto la gamba. O altri medici che vedono arrivare le foto delle analisi con la fatidica domanda: «È tutto a posto vero?». O quelli che in ambulatorio cominciano a scaldarsi, che per un'ora di coda iniziano a vociare e che se per caso il medico non ha la risposta pronta iniziano a maledirlo.
Un'atmosfera sempre più tesa e irrispettosa, come ha spiegato Aretini alla stampa locale. Tanto che lui e, per ora una decina di altri colleghi, ha deciso di riunirsi in un comitato che in primo luogo tuteli i professionisti «vessati e maltrattati» e che si faccia promotore di iniziative per ricostruire e ricucire il rapporto medico paziente. «Pazienti sempre più arroganti, maleducati e pretenziosi - ha spiegato Aretini - Pretendono di sapere già tutto perché lo hanno letto su internet e vogliono una diagnosi su due piedi». O le ricette così in un attimo.
Un'app, Sanità km zero della Regione Veneto, permette di ricevere le ricette nel proprio smartphone e anche di rinnovarle. Bastano il codice fiscale, una password, un click e via. «La Regione Veneto pubblicizza le ricette su Whatsapp spiega al Giornale Riccardo Szumski, medico e sindaco di Santa Lucia di Piave nel Trevigiano così i pazienti ordinano e tu fai il robot. Qualche paziente poi vorrebbe diagnosi, esami e terapie senza farsi vedere». E infatti, non sono pochi quei pazienti che chiamano durante gli orari di ambulatorio e chiedono al medico una diagnosi completa e puntale mentre dall'altro capo della cornetta descrivono i sintomi.
Poi ci sono i camici ospedalieri a rischio continuo di ire e denunce. Medici che lavorano in condizioni sempre più difficili, aveva detto Aretini, non c'è mai un grazie, solo pretese. Un problema grave che va risolto, perché a tutto questo si aggiunge il fatto che non solo mancano i vecchi pazienti, quelli che il medico era amico, quelli che avevano rispetto e aspettavano ore fuori dalla porta, pur di trovare una parola di conforto, ma mancano anche i medici perché con la quota cento tanti stanno andando in pensione. Il governatore Luca Zaia è stato costretto a richiamare in corsia i medici pensionati.
E quattrocento sono ora i professionisti stranieri che il Veneto sta cercando per cliniche private o aziende ospedaliere pubbliche. A Treviso in arrivo ci sono già dieci specializzandi da Timisoara. Il problema è quando gli stranieri se ne andranno perché perfino in Arabia i medici stanno meglio.
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