Nella Fase 2 non parte il «liberi tutti» per i cittadini, ma si apre invece uno scontro feroce tra governo e Regioni. La faticosa ripresa delle attività, la crisi che incombe, il peso del mesi passati in lockdown, il rischio che si possa dover tornare indietro e soprattutto che possa tornare a salire il numero dei contagi e delle vittime scatena le accuse reciproche e il rimpallo delle responsabilità. Chi verrà inchiodato se l'epidemia tornerà fuori controllo? Il Comitato tecnico scientifico nei giorni scorsi ha fatto chiaramente intendere che non era assolutamente d'accordo con una riapertura allargata perché i rischi sono troppo alti. E proprio sulle definizione delle responsabilità si è acceso lo scontro tra governatori ed esecutivo nella lunga notte che ha preceduto il via libera all'ultimo Dpcm.
Il primo che torna all'attacco è il governatore del Veneto, Luca Zaia. La gestione dell'epidemia è considerata un successo del governatore che ha colto l'occasione per rilanciare la richiesta di maggiore autonomia per le Regioni. «La vicenda Covid ha dimostrato l'importanza dell'autonomia - dice Zaia in un'intervista al Corriere della Sera - Che cosa sarebbe successo se avesse gestito tutto Roma?». L'autonomia che rivendica il governatore rappresenta «un'assunzione di responsabilità» e la sua richiesta è pienamente condivisa dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che punta il dito contro i ritardi del governo. «Zaia ha detto che le Regioni sono state fondamentali nella gestione della crisi e io condivido: tante scelte sono state prese dal territorio perché non arrivavano dal centro», denuncia Fontana che ricorda ad esempio «che i primi respiratori sono arrivati da Roma a crisi avanzata».
Ma invece c'è chi ritiene che il governo abbia lasciato nelle mani delle Regioni troppe decisioni e che questa scelta rappresenti un grave rischio per la salute degli italiani. Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe «le decisioni sulle riaperture hanno anteposto gli interessi economici alla tutela della salute». Cartabellotta critica il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che parla di «un rischio calcolato» perché «la gestione e il monitoraggio dell'epidemia sono affidati a 21 sistemi sanitari che decideranno in base a una situazione epidemiologica autocertificata». Insomma dati poco verificabili e rischio non calcolabile. Gimbe guarda al numero dei test effettuati: si va dai 17 per 100mila abitanti della Puglia ai 166 della Valle D'Aosta. Bocciata anche l'app Immuni, che non serve a nulla se non si fanno i tamponi: se non individui i positivi chi tracci?
E ieri Walter Ricciardi, membro Oms Italia e consigliere del ministro della Salute per l'emergenza Covid-19, si è scagliato contro le Regioni che, accusa, «non hanno imparato la lezione shock». Sul banco degli imputati per Ricciardi c'è la Lombardia. «Le Regioni con modelli che hanno l'ospedale al centro sono state vittime predestinate della pandemia - dice Ricciardi - Le grandi strutture lombarde saranno anche le migliori la mondo, ma non erano la risposta giusta». Per Ricciardi le Regioni «stanno perdendo l'occasione di prepararsi per un seconda ondata a settembre-ottobre».
A promettere che lo Stato vigilerà e interverrà se necessario è il ministro
per gli Affari regionali Francesco Boccia. «Tutti potranno controllare ogni settimana i dati epidemiologici. Se qualche Regione avrà dei problemi, dovrà chiudere e se non lo fa interviene lo Stato», promette il ministro.
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