Dicono sia arrivata «l'ora della verità» (l'ultrarenziano Marcucci), l'ora delle decisioni irrevocabili, ma la realtà è ancora impalpabile, ambigua, double-face, come da troppo tempo capita. Troppo anche volendo sorvolare sul fatto che il primo passo di quest'interminabile ora che «scocca» è la richiesta dell'ennesimo rinvio da parte del partito che tutto muove, abusando non poco della sua maggioranza relativa (assai relativa).
Dunque il fidato relatore in commissione Affari costituzionali, Emanuele Fiano, chiede lo stop. Tutti fermi fino a martedì, quando la Direzione del Pd deciderà quale strada (gli) conviene prendere, dopo aver sbirciato, il giorno prima, le carte di tutti gli altri partiti. E magari truccato il mazzo. E se il capogruppo Rosato dice di vedersi tutto i giorni (pari e dispari) con il collega di Forza Italia, e dunque si deciderà in base alle possibilità di un summit Renzi-Berlusconi, l'attesa di lunedì sarà tutta per l'incontro preteso «a livello parlamentare, in commissione», con i Cinquestelle. «Non ci sono motivi per non parteciparvi», spiega l'esperto grillino di codicilli, Danilo Toninelli, fiero nemico dell'«orribile Rosatellum», che ha, lui sì, davvero le ore contate. Gli altri paletti li mette da remoto il leaderino in pectore Luigi Di Maio: «Siamo disponibili a fare una seria legge elettorale con gli altri, perché siamo la prima forza politica e non possono escluderci: che sia però costituzionale, che abbia correttivi di governabilità e che consenta a chi vince di governare senza fare inciuci...». Non ci sarà un duello con Renzi, scottato da streaming passati. Ma anche l'apertura di Di Maio, che a parole dice «c'è ancora la possibilità per farla tutti assieme», in modo da votare il 14 settembre, «il giorno prima che i parlamentari maturino il diritto alla pensione», fa capire quanto tutto potrebbe tradursi nel solito logoramento di nervi e propaganda.
«Quando noi facciamo aperture, veniamo snobbati», lamentano i grillini. Ma l'idea di sottrarre il vitalizio ai parlamentari non dispiacerebbe neppure a Renzi, tanto per punirli per le mancate riforme (e per non essere da meno sulla propaganda). Slitta a mercoledì l'inizio del lavoro sugli emendamenti («ma Renzi non aveva fretta?», sfotte Marcon, capogruppo della Sinistra). E nel frattempo, crepitano di paura i cespugli, ormai alla canna del gas. Alfano cerca di rassicurare Renzi sulla tenuta dei numeri di maggioranza per lo sfiatato Rosatellum. «Si parta da un accordo con noi, senza fare tante acrobazie - pietisce Angelino -, poi ci si allarghi il più possibile». Non capiterà a lui, destinato allo stritolamento in caso di intesa Renzi-Berlusconi. Anche Fitto definisce «irresponsabile» chi gioca «per il pareggio». Ma il piano inclinato della corsa verso le elezioni anticipate potrebbe sbaragliare tutto e tutti, anche imponendo alla fine un decreto-legge per «armonizzare» i due sistemi di Camera e Senato, come chiesto dal Quirinale. Se Renzi dimostra di avere la solita fretta («per le elezioni siciliane, che saranno un massacro per il Pd», dicono), le idee nel suo partito sono poche e non chiare. L'oppositore Orlando frena, vuole prima la garanzia di una «buona legge che non ci consegni al caos o alla certezza delle larghe intese». Il vicesegretario Martina media, non escludendo che il governo «arrivi a fine legislatura».
E Cuperlo presenta oggi gli emendamenti che vorrebbero rafforzare la spinta verso le coalizioni, il centrosinistra largo. In quanto, spiega accorato, con le «larghe intese assieme a Forza Italia il Pd segherebbe le sue radici». Non sapevamo le avesse ancora, saranno nel tinello di casa Cuperlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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