Russia-Ucraina, Costituzioni (simili) a confronto. Ma la Carta di Mosca è il trionfo dell'ipocrisia

Pluralismo, diritti e libertà reali solo a Kiev. Un modello che spaventa Putin

Russia-Ucraina, Costituzioni (simili) a confronto. Ma la Carta di Mosca è il trionfo dell'ipocrisia

Il 24 febbraio scorso uno Stato, la Federazione russa ha aggredito un altro Stato, l'Ucraina. Assistiamo all'aggressione di un'autocrazia nei confronti di una comunità nazionale che ha il torto di ispirarsi ai valori delle democrazie liberali. Abbiamo così una replica della seconda guerra mondiale, quando la dittatura hitleriana si propose di mettere a ferro e a fuoco la Francia e il Regno Unito, che della democrazia liberale facevano ostentatamente la propria bandiera. La verità è che gli ordinamenti autoritari temono la contiguità con le democrazie, più contagiose ai loro occhi dell'Omicron che ci tormenta.

In principio ci sono le Costituzioni. E allora non sarà male una comparazione tra le Carte della Russia e dell'Ucraina. Di qui una prima sorpresa. Esistono differenze, ma assai minori di quanto si possa immaginare. Difatti fin dall'incipit la Costituzione russa vigente, del 12 dicembre 1993, promette un Paradiso in terra o giù di lì. Scimmiottando la Carta degli Stati Uniti, esordisce con un «Noi popolo». Come se il popolo in Russia contasse qualcosa. E poi conferma «i diritti e le libertà dell'uomo, la pace (sic!) e la concordia civile». Si basa «sui principi universalmente riconosciuti di uguaglianza». Anche se, come nella Fattoria degli animali, ci sono esseri più uguali degli altri. Come gli oligarchi e il presidente Putin. E la Carta riconosce «l'incrollabilità della sua base democratica».

La Costituzione poi sottolinea che la Russia «è uno Stato di diritto, federativo, democratico con forma di Governo repubblicana». Dichiara che ogni cittadino gode «di tutti i diritti e delle libertà». Sulle orme di Montesquieu stabilisce che il potere statale si esercita sulla base della divisione tra legislativo, esecutivo e giudiziario. Riconosce «la multiformità ideologica». Garantisce «la multiformità politica e il pluripartitismo». Non basta. Dedica il Capo secondo a «I diritti e le libertà dell'uomo e del cittadino». Ispirandosi, si presume, al nostro Giuseppe Mazzini. Tutto bene, allora? Solo uno sprovveduto può arrivare a una tale conclusione. Perché tra il predetto dover essere della Costituzione e l'essere c'è un abisso. Lo stesso abisso che si registrò tra la Costituzione staliniana del 1936 e l'interpretazione datale dal tiranno georgiano. Disposizioni di tal fatta sono ipocrisia allo stato puro. Ma c'è di più. Sopra la Costituzione scritta c'è sempre la Costituzione materiale, vale a dire la forza politica dominante che la plasma a propria immagine. D'altra parte Orwell aveva capito meglio di qualsiasi altro il comunismo. Un regime che parla una neolingua diametralmente opposta alla lingua materna. Non a caso le sedicenti democrazie popolari del tempo che fu erano un'autentica beffa.

La Costituzione dell'Ucraina del 28 giugno 1996, emendata nel 2004 allo scopo di sostituire la forma di governo parlamentare con quella presidenziale, stabilisce tutta una serie di garanzie non molto dissimili da quella russa. Ma la differenza sta nel manico. Difatti la Costituzione scritta è sostenuta con convinzione da una classe politica che nel complesso crede sul serio e non a parole nei valori della liberaldemocrazia. E proprio per questo avversata dall'autocrate del Cremlino, che incute paura ai suoi sudditi ed è dominato lui stesso dalla paura. La paura di essere rimosso o assassinato. Sintomo evidente di cattiva coscienza. Una notazione, per concludere.

Il Parlamento dell'Ucraina nel 2019 ha approvato un emendamento alla Costituzione che prevede l'adesione alla Nato e all'Unione europea. Una disposizione, con il senno di poi, lungimirante. Una polizza di assicurazione contro l'orso russo.

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