Mentre arriva la notizia dell’apertura di un procedimento penale per apologia di fascismo nei confronti di Francesco Polacchi, proprietario di Altaforte, la casa editrice vicina a Casapound che con la sua presenza al Salone del Libro di Torino sta portando scompiglio all’interno della kermesse, c’è chi invoca la censura per gli editori “non omologati”.
È l’associazione Torino Pride, che, come si legge su La Verità, sull’onda delle polemiche per la presenza alla manifestazione dello stand della casa editrice legata al movimento di estrema destra, propone l’obbligo di sottoscrivere un “codice etico” che vincoli tutti i partecipanti all’evento culturale. Una specie di “indice” al contrario, dal quale devono essere esclusi tutti quelli che si sentono lontani da una certa intellighenzia. Quella che dalla resistenza passiva adesso è passata all’attacco. L’obiettivo? Estromettere Polacchi e Altaforte dalla fiera.
Se nei giorni scorsi una pletora di storici, scrittori e intellettuali ha snobbato il salone per colpa dei libri "casapoundisti" – da Zerocalcare a Wu Ming, da Carlo Ginzburg alla presidente dell’Anpi, Carla Nespolo – ora l’obiettivo è diventato quello di cacciare i “fascisti” dalla manifestazione. A passare dalle parole ai fatti è il sindaco di Torino, Chiara Appendino, che assieme al presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, ha sottoscritto un esposto che è già arrivato sul tavolo della procura, la quale ha risposto prontamente, aprendo un procedimento nei confronti di Polacchi. Sotto accusa le sue dichiarazioni: “L’antifascismo è il male del Paese”. “Qualcosa di inaccettabile” per la sindaca pentastellata.
“La politica non può decidere di escludere qualcuno che regolarmente ha firmato un contratto e che oggi sostanzialmente è a tutti gli effetti soggetto che può partecipare – ha chiarito la prima cittadina di Torino- però la politica può fare un esposto per rimarcare che questi valori non appartengono alla città, che è antifascista, non appartengono alla comunità e al Salone del libro”. Dello stesso parere anche la capogruppo grillina al consiglio comunale, Valentina Sganga, che ieri su Facebook invocava l’esclusione della casa editrice scomoda. Insomma, in nome della libertà si invoca la censura.
E mentre i paladini della tolleranza sfiorano il paradosso, c’è chi invece si schiera a difesa del pluralismo: Pietrangelo Buttafuoco, Alessandro Giuli, Francesco Borgonovo, Piero Sansonetti, tra gli altri, non condividono le polemiche. Il motivo? “I libri non sono mai pericolosi”.
E poi, scrivono in una lettera aperta citata da La Verità e pubblicata su Lettera 22, “in una democrazia che tutela il pluralismo e la libertà di espressione”, non possono esistere “comitati etici” che distribuiscano “patenti di democrazia”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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