
C'è un paradosso nell'ennesima strage di civili innocenti commessa dai russi. Il paradosso è che il sangue delle 34 persone inermi trucidate dai missili russi possano davvero risvegliare l'orgoglio e le coscienze occidentali e portare, finalmente, a una reazione adeguata isolando una volta per tutte la Russia al suo ruolo di aggressore. Che la misura sia colma, dopo che in troppi e per troppo tempo hanno deciso girare la testa dall'altra parte, lo dimostrano le dichiarazioni di praticamente tutti i leader mondiali a partire dal fin qui troppo tiepido Keith Kellogg, inviato in Ucraina della Casa Bianca. «L'attacco di oggi, domenica delle Palme, delle forze russe contro obiettivi civili a Sumy supera ogni limite di decenza. Ci sono decine di morti e feriti tra i civili», ha scritto via social aggiungendo che «in qualità di ex leader militare, comprendo l'idea di attacchi mirati, ma questo è sbagliato. È per questo che il presidente Trump sta lavorando duramente per porre fine a questa guerra». Eccolo il paradosso: l'ennesima strage potrebbe essere per Mosca un punto di non ritorno.
Anche perché se da una parte il presidente americano prima di ieri aveva detto che «sta andando bene, presto ci saranno novità», riferendosi al conflitto in corso, è anche vero che nelle ultime settimane ha perso la pazienza verso un Vladimir Putin che ignora ogni tipo di tregua o di dialogo. Anche perché se c'è una cosa a cui tiene Trump è l'immagine e dopo aver detto che avrebbe fermato la guerra in 24 ore, salvo poi virare a una più razionale tempistica di un mese, non può certo lasciare totale carta bianca al leader russo. Anche se l'inviato Usa in Russia, Steve Witkoff, più che un intermediario è sembrato essere un vecchio amico dello Zar quando solo pochi giorni fa lo ha incontrato a San Pietroburgo. Ma se davvero la misura, finalmente, è colma, non si può più far finta di nulla. «Un attacco orribile, ecco perché Trump e la sua amministrazione stanno dedicando così tanto tempo e sforzi per cercare di porre fine a questa guerra», ha detto anche il segretario di Stato Marco Rubio.
Anche perché il resto del mondo spinge. Inutilmente, finora, la Russia a fermarsi e, infruttuosamente, finora, gli Stati Uniti ad alzare il tiro contro Mosca. «La crudeltà russa ha colpito di nuovo, uccidendo uomini, donne e bambini nella città di Sumy. Un attacco barbaro, reso ancora più vile dal fatto che la gente si è riunita pacificamente per celebrare la Domenica delle Palme. La Russia è stata e rimane l'aggressore, in palese violazione del diritto internazionale», ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aggiungendo, dettaglio non da poco, che «sono urgentemente necessarie misure energiche per far rispettare il cessate il fuoco. L'Europa continuerà a contattare i partner e a esercitare una forte pressione sulla Russia fino alla fine dello spargimento di sangue», ha detto con riferimento nemmeno troppo velato proprio a Washington. «Nel giorno sacro della Domenica delle Palme, a Sumy si è consumato un altro orribile e vile attacco russo, che ha causato ancora una volta vittime civili innocenti, tra cui purtroppo anche bambini. Condanno con fermezza queste violenze inaccettabili, che contraddicono ogni reale impegno di pace, promosso dal Presidente Trump e sostenuto convintamente dall'Italia, insieme all'Europa e agli altri partner internazionali. Continueremo a lavorare per fermare questa barbarie», ha attaccato sulla stessa linea la nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Stesse parole di condanna e di «invito» a far pressioni espresse tra gli altri dall'Alta rappresentante per la politica estera Kaja Kallas e del presidente francese Emmanuel Macron che parla di «strage in disprezzo di vite e diplomazia» e attacca: «Sono necessarie misure forti per imporre un cessate il fuoco alla Russia».
Stesso copione seguito dal premier britannico Keir Starmer: «Putin deve ora accettare un cessate il fuoco completo e immediato senza condizioni». Ecco come una strage, l'ennesima, può portare a un qualcosa di positivo. Un paradosso. Ma in questo momento, anche una delle poche cose a cui aggrapparsi.
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