Prevedono, come fossimo dentro un film hollywoodiano, un Natale rosso sangue. Ma i ricercatori della School of Medicine dell'Università di Washington sono scienza non fantascienza. E con il sigillo della statistica e un po' anche della scalogna prevedono, per predisporci all'ottimismo prossimo venturo, «un dicembre mortale», con picchi di decessi che potranno arrivare a 30mila al giorno nel mondo. Il iettatorio report è il risultato delle prime proiezioni globali sulla pandemia che prevede, bontà loro, anche 770mila vite salvate in tutto il mondo ma solo, segnatevelo, se verrà rispettato l'obbligo delle mascherine e del distanziamento sociale. I decessi previsti entro Capodanno saranno 2,8 milioni, circa 1,9 milioni in più da oggi fino alla fine dell'anno.
Una buona notizia però ci sarebbe: l'Italia non sarebbe nella top ten dei disgraziati, il primo per la cronaca sarà l'India: le attuali proiezioni stimano che i decessi totali potranno arrivare a quota 56.071, con poco meno di 500 morti al giorno a dicembre. «Queste prime proiezioni offrono una previsione scoraggiante e una tabella di marcia che i leader governativi e la gente comune farebbero bene a seguire» si raccomanda il capo dei ricercatori, Christopher Murray. «Siamo di fronte alla prospettiva di un dicembre mortale, soprattutto in Europa, Asia centrale e Stati Uniti. Ma la scienza è chiara e le prove inconfutabili: indossare la mascherina, rispettare il distanziamento e limitare gli assembramenti sono fondamentali per prevenire il disastro».
Tre gli scenari previsti: uno, il peggiore, porterebbe a 4 milioni di morti entro l'anno se si utilizzano le mascherine come si fa adesso e se i governi continuano ad allentare le misure; il secondo, detto «il migliore», con 2 milioni di morti totali, se l'uso della mascherina diventerà universale e i governi imporranno rigidi requisiti di distanziamento; e uno scenario «molto probabile» che presuppone misure più o meno invariate con un totale di circa 2,8 milioni di morti.
L'aumento del numero dei decessi è dovuto in parte «a un probabile aumento stagionale dei casi di Covid-19 nell'emisfero settentrionale», spiegano i ricercatori. A oggi la malattia ha seguito modelli stagionali simili alla polmonite e, se questa correlazione continua a essere valida, i Paesi del Nord possono prevedere più casi nel tardo autunno e nei mesi invernali.
L'Oms intanto (nonostante i buoni risultati annunciati ieri dai russi sul vaccino Sputnik) spiega di non aspettarsi una vaccinazione diffusa contro il coronavirus fino alla metà del 2021, sottolineando l'importanza di controlli rigorosi sull'efficacia e la sicurezza dei vaccini.
«Questa fase 3 richiede più tempo perché dobbiamo vedere quanto sia veramente efficace il vaccino e anche quanto sia sicuro» spiega la portavoce Margaret Harris. Per questo l'Aifa, in Italia, consiglia di anticipare la «vaccinazione antinfluenzale a partire dall'inizio di ottobre».
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