"Conte non va corteggiato". "No a un Pd troppo liberista". Scontro a sinistra

Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo parlato con due ex dem, Dario Stefano e Stefano Fassina, dell'attuale crisi del centrosinistra italiano

"Conte non va corteggiato". "No a un Pd troppo liberista". Scontro a sinistra

Il Pd e il centrosinistra italiano versano in una grave crisi. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con Dario Stefano e Stefano Fassina, due ex parlamentari che hanno lasciato il Pd e che hanno scelto di posizionarsi su due fronti diversi. Il primo è vicino al Terzo Polo, mentre il secondo guarda più a sinistra.

Quali sono i principali errori del Pd e del centrosinistra?

Stefano: “Intanto, non si può pensare di arrivare alle elezioni senza alleanze, ed avere la pretesa di competere con lo spirito di chi ostenta di poter vincere. Il Pd è arrivato al 25 settembre senza uno straccio di idea da comunicare agli italiani, senza un programma di governo e, per l’aggiunta, senza un’alleanza credibile per gareggiare con quella di Giorgia Meloni”.

Fassina: “Non mi concentrei sugli errori di questa campagna elettorale, ossia l'assunzione dell'agenda Draghi o la rottura col M5S. È una traiettoria liberista che si è consolidata con la nascita del Pd eche ha colpito gli interessi sociali che la sinistra dovrebbe rappresentare. Il risultato è stato che il primo partito tra gli operai è Fratelli d'Italia, mentre il primo partito tra i precari è il M5S. Sono errori dovuti alla traiettoria seguita da Blair, Clinton e dalla famiglia socialdemocratica ch si trova più o meno nelle stesse condizioni”.

Sono più importanti i diritti sociali o i diritti civili? Su cosa dovrebbe puntare maggiormente il centrosinistra?

Stefano: “Diritti sociali e diritti civili non sono in antitesi. Avere attenzione per un campo, non vuole dire dimenticare l’altro. Anzi è proprio l’equilibrio degli obiettivi che si prefigge una linea politica a determinarne la sua rilevanza collettiva”.

Fassina: “I diritti sono tutti importanti. È evidente che condizioni materiali di vita non possono essere dimenticate. L'errore che ha fatto la sinistra è stato proprio di rimuovere dall'agenda politica le condizioni materiali delle persone e, contestualmente, declinare i diritti civili secondo una visione liberista. Cosa c'entra l'utero in affitto con la sinistra? Quando si arriva a voler estendere il mercato anche nella sfera della riproduzione umana sei in radicale contraddizione con quella che dovrebbe essere la tua missione. Questa visione liberista non può appartenere alla sinistra”.

Perché il Pd non è riuscito a parlare al Sud, dove la crisi si è fatta sentire maggiormente?

Stefano: “Qual era la proposta del Pd al Sud? Perché, io sinceramente non l’ho capita. E non l’ho capita perché, nei fatti, non c’era. Non nascondo che una certa difficoltà a far parlare il Pd del Mezzogiorno l’ho constatata, e misurata personalmente, proprio nella fase di redazione del PNRR. Quella che è stata una vera e propria crociata, la mia, per vedere scritto nero su bianco quell’”almeno il 40 per cento” delle risorse da destinare al Sud non ha trovato proprio nel PD quello slancio e attenzione che, invece, per tradizione, avrebbe dovuto avere. Non voglio richiamare la questione meridionale e Antonio Gramsci, ma, insomma, qualcosa non funziona. Per stare alla Puglia, poi, i democratici si sono addirittura presentati agganciati ad un finto civismo dal sapore neutralista, strizzando l'occhio un po’ alla Meloni ed un po’ a Conte nella speranza di non scontentare nessuno. Cosi' facendo ha vinto la linea Emiliano ed i risultati si sono visti poiché anche in Puglia il Pd ha perso voti in valore assoluto rispetto al 2018, che che se ne dica”.

Fassina: “Perché ha predicato e praticato una visione di economia che rimuoveva le esigenze materiali delle persone che al Sud sono più acute che al Centro-Nord”.

È stato un errore non fare il campo largo? Letta, tra Conte e Calenda, chi avrebbe dovuto scegliere?

Stefano: “Due errori capitali. Il primo è quello di avere coltivato solo lo schema del rapporto con i 5 stelle, anche se era palese che, almeno dal Quirinale in poi, Conte avesse obiettivi diversi ed anzi, già da allora, lanciava segnali di opa sugli scontenti del Pd. Il secondo è quello di non essere stato coerente nel perseguire un’alleanza con Calenda e Renzi. Letta ha infatti tentato un accordo con il leader di Azione, ma solo al fine di scaricare quello con Italia Viva. Ma con i risentimenti non si fanno grandi strategie, nemmeno in politica. Così come quando, con lo stesso risentimento, ha imposto il cambio dei capigruppo Camera e Senato sotto la falsa bandiera della battaglia di genere salvo produrre liste e risultati elettorali che hanno totalmente contraddetto questo impegno”.

Fassina: “La scelta dipende da qual è l'obiettivo politico. Se vuoi dare rappresentanza alle fasce sociali più in difficoltà è chiaro che si deve scegliere il Movimento Cinque Stelle. Se, invece, vuoi consolidare la rappresentanza di chi sta bene, allora scegli Calenda. Oltre alla dimensione quantitativa – i Cinquestelle hanno preso il doppio dei voti di Calenda – c'è una valutazione di ordine politico. Quali interessi vuoi rappresentare? Poi, scegli. Infine, nel Sud, ha pesato anche la compromissione con i presidenti di Regione favorevoli all'autonomia differenziata”.

Il Pd va rifondato oppure basta un congresso e un nuovo segretario?

Stefano: “È chiaro che va messo in atto un grande ripensamento sull’identità di questo soggetto politico. Non certo una iniziativa ispirata al mero nominalismo, magari animata da figure già elette in altri ruoli e legato solo a rinnovare il brand. Mi spiego meglio: non è una nuova leadership che può sanare quel senso di mancato ancoraggio che il PD ha misurato sui territori, tanto meno se ciò accadesse allungando all’infinito i tempi del congresso e delle stesse proposte candidature”.

Fassina: “Anche in questo caso bisogna vedere qual è l'obiettivo politico del Pd. È chiaro che se il Pd vuole rappresentare le fasce sociali più deboli deve rifondarsi.

Se, invece, vuole rappresentare colo che già rappresenta adesso, magari con un po' di vivacità e attenzione e con un europeismo un po' meno fideistico o un atlantismo un po' meno subalterno basta fare il Congresso. Dipende che strada vuole intraprendere”.

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