"La scadenza green del 2035 non potrà essere rispettata"

Spada, presidente di Assolombarda: "La transizione verso l'elettrico mette a rischio entro il 2030 fino a 40mila posti di lavoro in tutta la filiera"

"La scadenza green del 2035 non potrà essere rispettata"
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«La scadenza del 2035 non verrà rispettata». Dal palco dell'assemblea di Assolombarda arriva un netto segnale sull'umore delle imprese a proposito dello stop ai motori geotermici imposto da Bruxelles. Ieri il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, non ha usato giri di parole: «Pensiamo davvero di riuscire a vincere la sfida dell'elettrico con la Cina? Ci hanno imposto tappe ambiziose, tempi non coerenti, l'uso di una sola tecnologia, l'elettrico, che richiede materie prime e componenti che l'Europa non possiede. Impossibile rispettare gli obiettivi». La crisi dell'auto europea è sotto gli occhi di tutti. «Per noi imprenditori del Nord Italia, è un serio problema. Forse il più serio. La Germania rimane il mercato estero principale per la nostra regione con un valore totale di 20 miliardi e la crisi ci vede con 1,8 miliardi di vendite in meno nel 2023», ha spiegato Spada nel corso dell'assemblea di Assolombarda svoltasi nell'Aula Magna dell'Università Bocconi con oltre 1.500 partecipanti. Così concepita, ha aggiunto, la transizione verso l'elettrico mette a rischio fino a mezzo milione di posti di lavoro in Europa e fino a 40mila in Italia in tutta la filiera al 2030 e si stima un calo di fatturato di 7 miliardi per il settore della componentistica. Sulla stessa lunghezza d'onda Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, che ritiene «impensabile» aspettare il 2026 per modificare la norma dello stop dell'endotermico in quanto le sanzioni iniziano già nel 2025. «Non siamo contro l'auto elettrica, figuriamoci, siamo per la neutralità tecnologica», ha precisato il numero uno di Viale dell'Astronomia, eletto quest'anno. A tal proposito, non si può non segnalare la totale sintonia tra i contenuti dell'intervento di Spada e quelli sviluppati a fine settembre da Orsini nel giorno dell'insediamento alla guida di Confindustria. Una conferma che il serrato confronto che aveva segnato le ultime fasi della campagna elettorale per il nuovo leader degli industriali con Assolombarda da una parte e molte territoriali del centro-Sud dall'altra si è sostanzialmente ricomposto, sia pure con qualche modesta defezione. Prova ne sia che, mentre Orsini concludeva i lavori dell'assemblea, i maggiorenti della tradizione di via Pantano (Diana Bracco, Emma Marcegaglia, Marco Tronchetti Provera, Gianfelice Rocca e Fedele Confalonieri) non hanno esitato ad applaudirlo.

Un altro accorato appello condiviso dal duo Spada-Orsini è quello relativo al nucleare. «Il nucleare garantisce la più alta produzione energetica a fronte della minore emissione di CO2. È una priorità importante per il nostro territorio: 2/3 del fabbisogno nazionale di energia viene dal Nord Italia», ha rimarcato il numero uno di Assolombarda che appoggia la direzione indicata dal governo Meloni per arrivare ad un quadro giuridico entro fine anno e l'impegno del Mimit di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza e quarta generazione. «Il nucleare è una fonte imprescindibile insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all'idrogeno per assicurare una equilibrata e sostenibile strategia di transizione energetica».

Dall'assemblea di Assolombarda sono emersi i numeri da primato dell'economia lombarda. La Lombardia da sola risulta al 10° posto in Europa per Pil con 480,6 miliardi nel 2023, subito dopo l'Irlanda e prima di Paesi come Austria e Danimarca, più del doppio della Grecia. Dal 2019 al 2023 il Pil della Lombardia è cresciuto del 6,7%, mentre l'Italia ha fatto più 4,6%, la Germania solo lo 0,5%. Spada non ha mancato di sollecitare di fare veloce per mettere a terra il Pnrr in modo che diventi Pil e fare di più in termini di semplificazione a partire da una revisione di Transizione 5.0.

Relativamente ai giovani, Assolombarda chiede al governo di rivedere la barriera all'ingresso nella costituzione d'impresa che prevede - entro due anni dall'iscrizione al registro delle startup innovative - di avere un capitale sociale di almeno 20mila euro e un dipendente. «Questa previsione potrebbe far saltare fino al 70% delle startup», è il timore di Spada.

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