La scalatrice iraniana e la sfida a Teheran: in gara si toglie il velo

Un altro gesto di protesta. Eclatante e coraggioso. L'atleta iraniana Elnaz Rekabi ha gareggiato senza hijab

La scalatrice iraniana e la sfida a Teheran: in gara si toglie il velo

Un altro gesto di protesta. Eclatante e coraggioso. L'atleta iraniana Elnaz Rekabi ha gareggiato senza hijab, infrangendo la legge della Repubblica islamica dell'Iran, domenica ai campionati asiatici della Federazione internazionale dell'arrampicata sportiva (Ifsc) a Seul, in Corea del sud. La scalatrice classe 1989, bronzo ai Mondiali di Mosca nel 2021, si è piazzata al decimo posto ed è arrivata a un soffio dalle finali degli Asian Games, dove entrano solo le prime nove. L'emittente televisiva vicina all'opposizione «Iran International», con sede a Londra, ha definito «storico» il gesto di Rekabi, che giunge mentre in Iran proseguono da oltre cinque settimane le proteste per la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda deceduta il 16 settembre, dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato il velo in modo corretto. Secondo Iran Human Rights, organizzazione non governativa con sede a Oslo, almeno duecentouno persone sono state uccise, inclusi ventitré minori, nella repressione delle dimostrazioni. Le immagini della scalatrice Rekabi con una lunga coda nera al vento e una fascia in testa, che si arrampicava sulla parete durante la gara sono presto diventate virali suo social in farsi.

In merito alle proteste per la morte di Mahsa, ieri, il Consiglio Ue ha aggiunto undici persone e quattro entità alla lista dei sanzionati in Iran per violazioni dei diritti umani, alla luce del loro ruolo nella morte della Amini, e delle violente repressioni contro le proteste che l'omicidio ha scatenato nel Paese. Nella lista figurano la polizia iraniana per la moralità, o polizia religiosa, responsabile dell'omicidio della ragazza curda, e due suoi dirigenti, Mohammad Rostami e Hajahmad Mirzaei. Sanzionate anche le forze dell'ordine iraniane e una serie di responsabili locali, per il ruolo svolto nella «brutale repressione» delle proteste. «Listato» anche il ministro delle Comunicazioni, Issa Zarepour, per aver ristretto l'accesso a Internet. Le sanzioni consistono nel congelamento dei beni eventualmente detenuti nell'Ue, nel divieto di viaggiare nell'Unione e nel divieto di finanziamento.

Il quadro sanzionatorio include già un divieto di esportare equipaggiamenti utilizzabili a fini di repressione interna. La lista Ue dei sanzionati comprende per ora novantasette persone fisiche e otto persone giuridiche.

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