Il lettore scuserà il racconto in prima persona. Ma a volte è dai casi individuali che possono nascere piccole battaglie civili, anzi di disobbedienza civile. Quale la Free turnstile - «tornello libero» - che intendo lanciare a partire da oggi.
Tutto, però, è accaduto ieri.
Milano, giugno, un normale giorno settimanale, anzi quasi sera: ore 20.30, circa. Esco dal Giornale, la cui sede è - nemesi della storia - Via Gaetano Negri, toponimo che a breve sarà purtroppo trasformato in via Gaetano Neri. Scendo in metropolitana, fermata Cordusio. Non ho un biglietto nuovo, fa caldo, sono in ritardo su un altro appuntamento, l'edicola è chiusa, ci sono due macchinette self service. Facendo appello a tutta la mia pazienza e al mio notoriamente esemplare senso civico, mi metto in coda, aspettando il mio turno. Poi, improvvisamente, mi accorgo di due persone di colore che con assoluta tranquillità, parlottando, davanti al gabbiotto dell'Atm, dove ci sono due agenti di stazione, saltano i tornelli. E passeggiano placidamente verso le scale che portano ai binari.
A capo.
Prendo fiato. Con un autocontrollo di cui vado fiero, con la stessa loro tranquillità, abbandono la coda alla macchinetta, mi avvicino al gabbiotto, batto la mano sul vetro, indico i due che stanno già scendendo le scale, e urlo, rischiando la legge Mancino: «I due neri hanno saltato i tornelli. Salto anch'io!». Cosa che faccio. Non senza una certa eleganza, nonostante siano trascorsi ormai molti anni da quando portavo gloria e medaglie alla squadra di atletica del liceo, specialità corsa a ostacoli.
Comunque. Nell'immediato penso a una reazione dei due agenti, fra i compiti dei quali c'è anche - leggo dal regolamento Atm - la «Verifica del rispetto di tutte le norme di comportamento dei clienti» e la «Verifica dei titoli di viaggio e gestione delle eventuali infrazioni». Invece nulla. Non escono dal gabbiotto. Non verificano i biglietti né ai due neri né a me. Non multano nessuno.
Ipotesi. Gli agenti di stazione hanno un ordine, non scritto, di non intervenire nei confronti di soggetti potenzialmente pericolosi: o per non rischiare aggressioni o per non scatenare reazioni incontrollate. Oppure: in questo momento, grazie alle telecamere, l'Atm è già sulle tracce dei trasgressori - loro e me - e saremo presto tutti debitamente sanzionati (più facile che capiterà solo a me, che mi sto autodenunciando). Oppure la cosa è talmente diffusa, e accettata, da non costituire un problema per l'azienda di trasporti, e per il Comune di Milano. Oppure ancora, l'infrazione è accettata con fatalismo per alcune categorie di persone, e io rappresento solo una curiosa eccezione.
Resta il fatto che, da frequentatore non abituale ma neppure occasionale della rete metropolitana, non ho mai visto, a parte me stesso, signori cinquantenni in giacca e cravatta saltare i tornelli, o signore in sandali. Ma solo ragazzi, di colore o latinos o rom (si può scrivere «latinos»? E «rom»?). Sì, dài: anche qualche italiano...
Ed ecco la mia personalissima forma di protesta per sensibilizzare l'Atm e il Comune di Milano sui temi dei diritti civili e del razzismo.
Per combattere una sgradevolissima forma di discriminazione - solo loro possono saltare i tornelli senza conseguenze: perché io no? - da stasera, ogni volta che dovrò servirmi della rete metropolitana, salterò i tornelli. Io non voglio e non posso essere considerato diverso da loro.Free turnstile!
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