Donald Trump appunta agli sceriffi americani una stella nuova di zecca, quella di «mazzieri» della lotta all'immigrazione clandestina e del piano di deportazione di massa fortemente voluto dal 47esimo presidente degli Stati Uniti. Il Wall Street Journal rivela che tra le idee per mettere in atto la stretta si pensa a sceriffi locali con più poteri e incentivi che possano aiutare le autorità federali a portare a termine le deportazioni degli illegali: un piano che il tycoon ha postato su Truth, lasciando in questo modo intendere che lo avalla.
Il «transition team» del presidente eletto, scrive il quotidiano newyorkese, sta già cercando nuovi spazi da riutilizzare come centri di detenzione a breve termine vicino a grandi città gestite dai democratici, dove la maggior parte degli immigrati nel Paese vive illegalmente. Sta anche valutando un ampio sistema di cambiamenti per dare più potere agli sceriffi, con ricompense economiche per le giurisdizioni che collaborano e punizioni finanziarie per coloro che si oppongono nei luoghi simbolo della resistenza.
Per far leva su legioni di delegati, la squadra di Trump sta puntando all'espansione «storica» di un programma federale che concede a loro e ad altre agenzie determinati poteri dell'US Immigration and Customs Enforcement (Ice). L'obiettivo è far rivivere un «modello di task force» dormiente e controverso che fino al 2012 consentiva agli ufficiali delle agenzie locali partecipanti, durante i loro compiti di routine, di interrogare e arrestare nelle loro comunità presunte persone senza cittadinanza per violazioni dell'immigrazione. Tom Homan, il nuovo zar di frontiera della prossima amministrazione e dirigente di lunga data dell'Ice, è favorevole a questo modello perché porta ad arresti più frequenti e visibili, che secondo lui potrebbero fungere da deterrente per i potenziali migranti che pensano di recarsi negli Stati Uniti.
Secondo uno dei piani presi in considerazione, miliardi di dollari federali che attualmente rimborsano organizzazioni non profit e le amministrazioni cittadine per aiutare le persone appena arrivate alla frontiera verrebbero reindirizzati alle agenzie di polizia locali che consegnano gli immigrati all'Ice.
Tra coloro che si sono già schierati con The Donald c'è ad esempio Chuck Jenkins, sceriffo repubblicano della contea di Frederick in Maryland, giunto al suo quinto mandato. «Sono disposto a sostenere il presidente al 100 per cento. Voglio fare di più, entro i limiti della legge», ha detto il 68enne funzionario di polizia, che Fox News ha definito come uno dei dieci sceriffi più duri del Paese sul fronte dell'immigrazione. I consiglieri di Trump, secondo fonti informate, intendono penalizzare le cosiddette città santuario (quelle che supportano gli illegali) tagliando sovvenzioni federali che potrebbero ammontare a miliardi di dollari.
Intanto, il primo ministro del Canada Justin Trudeau si precipita alla corte di Trump a Mar-a-Lago per scongiurare la minaccia del presidente eletto di imporre nel giorno del suo insediamento dazi del 25 per cento su beni provenienti dal Canada (e dal Messico) finché i due Paesi confinanti non metteranno fine al traffico di droga e di clandestini negli Stati Uniti. Il leader di Ottawa è volato in Florida venerdì per una cena di circa tre ore nel resort del tycoon, con cui ha detto di aver avuto una «conversazione eccellente». Anche Trump ha parlato di «un incontro molto produttivo».
Tra gli argomenti discussi, come riportano i media, commercio, energia, sicurezza delle frontiere, fentanyl, Ucraina, Nato, Cina, Medio Oriente, Artico e il G7 che si terrà in Canada il prossimo anno. Al tavolo anche Dominic LeBlanc, ministro della Sicurezza canadese che ha la responsabilità del controllo della frontiera, e il capo del gabinetto di Trudeau, Katie Telford.
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